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Enrico Rossi: “Bene la lista unitaria. Ma per dire Europa occorrono proposte concrete e un progetto politico”.

Alla fine, alla lista unitaria del PD aderirà anche Art 1.
C’è ancora qualche veto e anatema da parte della destra del PD ma il buon senso finirà per prevalere.
D’altra parte si conferma che, a suo tempo, è stato un errore reagire parlando addirittura di ‘ammucchiata’ di fronte all’idea della lista unitaria.
Invece, si sarebbe dovuto sostenere subito quella proposta e respingere i veti di chi, come Calenda, dopo avere avuto il merito di averla lanciata, si è messo sulla porta a distribuire permessi e dinieghi.

Ora finalmente ad una lista unitaria si è arrivati.
Forse troppo tardi perché questa idea abbia il valore forte di proposta politica capace di rappresentare un messaggio a tanti amici e compagni che già si sono mossi nella direzione dell’unità con il PD e con altre forze democratiche.
Io sostengo, da mesi, questa posizione: da quando la sconfitta elettorale ha fatto emergere con la vittoria della Lega e del M5stelle una cultura politica egemone antieuropeista, nazionalista, poco attenta ai valori costituzionali dei diritti umani, piena di pulsioni razzistiche e di assonanze con il passato fascista, poco incline al rispetto delle prerogative delle istituzioni e delle regole democratiche, regressiva sul piano dei diritti individuali e delle conquiste delle donne.
Contro tutto ciò è facile capire che è necessario costruire un argine, un’alleanza ampia, democratica e costituzionale, rifuggendo da ogni settarismo, dalle piccole patrie identitarie, dalle logiche ristrette e interne alla politica.
Lo hanno capito subito tanti amici e compagni di sinistra, andando a dare una mano perché vincesse Zingaretti e partecipando alle manifestazioni sindacali, a quelle antifasciste e in difesa dei diritti delle donne e dei migranti.

Questa domanda di unità doveva essere subito interpretata per procedere con passo deciso verso la ricostruzione della sinistra nel nostro Paese, nel quadro di un’ alleanza democratica per le elezioni europee e per quelle amministrative; e anche allo scopo di iniziare a costruire un’alternativa credibile di fronte alla rovina in cui il governo gialloverde sta portando l’Italia.
Questa è l’unica strategia possibile per quella sinistra socialista a cui, insieme a tanti altri, iscritti o non iscritti a un partito, mi sento di appartenere.

Il nostro ruolo sarà quello di batterci sui contenuti che devono rispondere al bisogno di eguaglianza della società e garantire un’ adeguata protezione sociale dei lavoratori, dei giovani e dei ceti popolari e medi.
Ecco alcune opinioni e proposte per le elezioni europee.
Siamo giunti ad un nuovo appuntamento con il destino dell’Europa.
Per battere i nazionalpopulisti non basta dire Europa, dobbiamo stare dentro la lista unitaria e consolidare la piattaforma programmatica del partito socialista europeo.

Riassumo così i punti per i quali deve battersi la sinistra socialista:

1) Il budget dell’Unione va fissato dall’attuale 1% al 4% del Pil dei paesi aderenti.

2) L’Eurozona deve essere completata con un salario minimo garantito e un fondo comune per la disoccupazione. Come? Tassando le grandi imprese che eludono il fisco e sfruttano il dumping sociale; i redditi più alti (oltre i 200mila euro all’anno), i grandi patrimoni (oltre 1 milione di euro) e le emissioni di Co2 (30 euro per ogni tonnellata).

Ma tutto questo non basterà a metterci in salvo. I governi del Gruppo di Visegrad, che violano lo Stato di diritto con leggi ingiuste e liberticide, vanno emarginati, sanzionati e sconfitti.
Saremo al sicuro solo quando lo saranno la democrazia e la pace in un’Europa unita e sociale.
Così scriveva Enrico Berlinguer nel 1984:
Oggi si impone, a livello europeo, quel tipo di logica che, nella seconda metà dell’Ottocento, portò al superamento della divisione in tanti staterelli della Germania e dell’Italia e dette luogo al formarsi e all’erigersi di esse in stati unitari”. E ancora: “non è pensabile che la via d’uscita dalla crisi della Comunità europea possa consistere nel ripiegamento di ogni singolo stato sulla sua peculiare identità, nel rinchiudersi nelle particolarità dei propri interessi”.

Foto in evidenza: Bologna, l’Assemblea congressuale nazionale di Articolo 1

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