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FMI: Tassare i più ricchi per combattere le disuguaglianze

Traduzione dell’editoriale del GuardianThe Guardian view on the IMF’s message: yes, tax the super-rich” (12 ottobre 2017).

Il Fondo Monetario Internazionale ha fatto molta strada dai tempi in cui veniva visto come il braccio armato del Washington consensus, l’ideologia che promuoveva il falso mito di una crescita vorticosa grazie al taglio del welfare e alle privatizzazioni. Oggi, invece, il FMI è molto meno incline a cantare le glorie della liberalizzazione dei flussi di capitale e molto più propenso a mettere in guardia sui pericoli delle enormi disuguaglianze.
L’ultima – gradita – incursione del Fondo nel campo dell’economia progressista è avvenuta questa settimana, quando ha utilizzato il “Fiscal monitor”, rapporto semestrale sul fisco, […] per difendere la necessità di tasse più alte per i super-ricchi. […]

Per quasi quarant’anni, dall’arrivo di Margaret Thatcher a Downing Street e di Ronald Reagan alla Casa Bianca, l’ortodossia economica sul fisco è stata: imporre tasse più alte sull’1% [dei più ricchi, ndr] è autolesionista. Spennare i ricchi, si diceva, avrebbe limitato lo spirito d’iniziativa e portato meno innovazione, meno investimenti, una crescita più debole e, quindi, minori entrate per lo Stato. Come ha dimostrato la conferenza dei Tory della scorsa settimana, questo ragionamento è ancora popolare: in quell’occasione, si sono susseguiti sul palco vari ministri che hanno messo in guardia contro i piani fiscali di Jeremy Corbyn, che riporterebbero il paese alla fuga di cervelli degli anni ’70.

Il Fondo Monetario Internazionale condivide l’idea che riportare l’imposta sul reddito ai livelli della Gran Bretagna degli anni ’70 avrebbe un impatto sulla crescita. Ma all’epoca l’aliquota massima d’imposta sul reddito era dell’83% mentre la proposta di Corbyn è molto più modesta. Il fatto che i piani del Labour di tassare al 50% chi ha un reddito annuo superiore alle 123.000 sterline e al 45% coloro che superano le 80.000 sterline sia visto come una rapina è il segno di quanto sia difficile avere un dibattito maturo sulle tasse. L’analisi dell’FMI aiuta a porvi rimedio, affermando due cose degne di nota.

Primo, dice che, negli ultimi anni, il sistema fiscale sarebbe dovuto diventare più progressivo, in modo da controbilanciare le crescenti disuguaglianze – e invece lo è diventato sempre meno. Secondo, non trova nessun fondamento il ragionamento secondo cui più tasse sui ricchi porterebbero a una crescita inferiore. Non c’è nulla di sorprendente in queste due conclusioni: anzi, la vera sorpresa è che ci sia voluto così tanto per arrivarci. I tassi di crescita non sono aumentati con il taglio delle tasse per l’1% più ricco. Al contrario, sono molto più deboli rispetto ai decenni dell’immediato dopoguerra, quando i ricchi dovevano pagare almeno la metà delle loro entrate – e spesso più della metà – in tasse. Se la teoria del trickle-down funzionasse, nei paesi con meno imposte sui ricchi ci sarebbe una forte correlazione fra questo e la crescita. Ma questa correlazione non esiste e, come giustamente conclude l’FMI, «sembra esserci spazio per aumentare la progressività della tassazione sul reddito senza nuocere in maniera significativa alla crescita dei paesi che intendono incrementare la redistribuzione economica».

Alludendo al lavoro dell’economista francese Thomas Piketty, il “Fiscal monitor” dice anche che i paesi dovrebbero prendere in considerazione delle patrimoniali per i ricchi, imposte sui terreni e le proprietà. Le conclusioni del Fondo Monetario Internazionale sulle tasse forniscono una copertura politica solida e gradita per Corbyn e John McDonnell, il cancelliere ombra del Labour, che stanno cercando di convincere gli elettori che la riforma fiscale del loro partito non è solo equa ma è anche economicamente sostenibile. Al contrario, lo studio sfida Donald Trump a ripensare la propria riforma fiscale, che taglierebbe le tasse di oltre 200.000 dollari l’anno a persone che ne guadagnano più di 900.000. La risposta dell’amministrazione statunitense era prevedibile: fatevi gli affari vostri. Ma l’FMI non è ingenuo. Sa che una cosa è difendere la necessità di tasse più alte sui ricchi e un’altra è ottenere che i governi le implementino, perché le persone più benestanti hanno anche un maggiore peso politico. Il Fondo Monetario Internazionale ha smontato il ragionamento secondo il quale ciò che è positivo per i super-ricchi sia automaticamente positivo anche per tutti noi, ma non aspettiamoci che l’1% si arrenda senza lottare.

Foto di copertina: Tica Vieria/OxfamAUS

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