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Giacomo Galazzo: Rosatellum, una pessima legge, un grave errore politico

L’approvazione della nuova legge elettorale, giornalisticamente nota come “Rosatellum“, ha comprensibilmente dominato le cronache politiche degli ultimi giorni. Ebbene, ci sono buone ragioni per sostenere che si tratta insieme di una pessima legge elettorale e di un grave errore politico.

Il Rosatellum è una pessima legge sotto almeno quattro aspetti.

Il fine.
La legge è palesemente concepita da alcune forze politiche per danneggiarne altre e appare mossa non dall’intento di dare al Paese una legislazione aderente alle caratteristiche del suo sistema politico ma da quello, censurabile, di utilizzare la modifica delle regole di accesso alla rappresentanza per plasmarne uno che si ritiene preferibile. L’operazione è tanto più grave perchè avviene a pochi mesi dalle elezioni, momento che sconsiglia fortemente di operare radicali modifiche all’impianto della legislazione elettorale. E’ opportuna la lettura di un documento della Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa di cui pure l’Italia fa parte, che sul punto ha speso parole di assoluta chiarezza (Link: http://www.venice.coe.int/webforms/documents/default.aspx?pdffile=CDL-AD(2002)023rev-ita (leggere in particolare a pagina 10).

Il metodo di approvazione.
La posizione della questione di fiducia in materia elettorale è un fatto gravissimo, che squalifica l’intera operazione. Il fatto che i regolamenti parlamentari non lo vietino non dovrebbe far dimenticare un aspetto che è molto importante nella vita di un’ istituzione: la forza del precedente. Io non sono d’accordo con chi parla di una deriva autoritaria che sarebbe presente nel Paese, perchè palesemente la situazione odierna non è questa. Allo stesso tempo un dovere della politica dovrebbe essere quello di porsi il problema della ricaduta delle sue scelte per il futuro, del quale per definizione non c’è certezza. Credo che la decisione di comprimere in modo così drastico le prerogative del Parlamento su una materia estremamente delicata, perchè strettamente connessa al funzionamento del nostro sistema democratico, possa costituire un precedente molto pericoloso se un domani la responsabilità del Governo dovesse toccare a forze di ispirazione democratica meno salda.

Il contenuto.
Se ho bene inteso la costruzione di questo sistema misto tra proporzionale e uninominale, con il quale si tenta di realizzare una sorta di “Mattarellum al contrario“, con la nuova disciplina la croce posta sul nome del candidato di collegio Mario Rossi farà valere automaticamente il voto anche per la competizione proporzionale, in favore della lista che lo sostiene e dunque di tutti i candidati che la compongono. Se Mario Rossi è sostenuto da più liste, il voto automaticamente riportato sulla parte proporzionale sarà ripartito pro quota (!) tra tutte queste liste e questi candidati. Vale anche l’inverso: la croce sul simbolo di una lista per la parte proporzionale, che oltretutto essendo bloccata obbliga ad approvarne in blocco tutti i componenti, riporterà necessariamente il voto anche sul candidato nel collegio uninominale. L’espressione di un solo voto ha dunque un triplice effetto secondo automatismi sui quali ogni controllo è sottratto all’elettore, che pure sulla combinazione di queste scelte potrebbe legittimamente avere opinioni articolate. Non credo serva aggiungere altro.

L’esito.
Il Rosatellum restituirà una nuova edizione di quello che sta purtroppo diventando un grande classico del nostro sistema, il Parlamento di nominati. Tutte le liste per la parte proporzionale saranno infatti rigorosamente precompilate e bloccate, senza che l’elettore possa esprimere alcun orientamento per l’uno o l’altro dei candidati che verranno presentati. E’ molto debole, in proposito, l’argomento di chi sostiene che nella sentenza che ha decretato l’incostituzionalità della legge che è stata chiamata “Porcellum” la Corte costituzionale ha implicitamente concesso la legittimità costituzionale di liste bloccate “corte“. Basterebbe forse sostenere che non tutto ciò che è giuridicamente legittimo è anche politicamente auspicabile. Ma se si vuole entrare nel merito, certamente chi ha letto quella sentenza ricorderà che la Corte si è soffermata sulla necessità che l’elettore potesse conoscere l’esito del suo voto sotto il profilo della effettiva conoscibilità dei candidati. Col Rosatellum, al contrario, sarà possibile che al termine della distribuzione nazionale dei seggi il voto espresso in un luogo possa determinare l’elezione di un candidato in altro collegio plurinominale. Nei fatti la lista è dunque lunghissima perchè un voto può potenzialmente valere in favore di tutte le liste presentate col medesimo simbolo sul territorio nazionale, il dettaglio sulla composizione delle quali nessun elettore è ragionevolmente in grado di conoscere. Colpisce davvero che non si comprenda quanto è grande il discredito che meccanismi come questo hanno generato nel rapporto tra cittadini e istituzioni, e che si proceda imperterriti in questa direzione.

Chiuse le osservazioni di merito, è opportuno sottolineare che il Rosatellum è anche e soprattutto un grande errore politico. Con questa legge, infatti, si potrà comporre una coalizione senza che sia vincolante presentare un programma della medesima. Su questo aspetto il Parlamento è riuscito nella difficile impresa di peggiorare l’ormai proverbiale “Porcellum“, che se non altro imponeva alle coalizioni di presentare un unico programma elettorale. Dal punto di vista tecnico, questo vuol dire che per il complesso meccanismo che ho tentato di descrivere più sopra il voto dell’elettore può ripartirsi pro quota su più liste che si sono coalizzate ma che magari su punti importanti presentano linee programmatiche diverse. Ma tornando alla visione politica, che qui più rileva, questo è il recepimento per via legislativa del messaggio sottointeso a tutto il dibattito politico degli ultimi mesi. Parlo dell’idea, sciagurata, che il motore di un incontro tra soggetti politici sia la convenienza elettorale e non la condivisione di un comune terreno di valori e contenuti che si vogliono rappresentare. Si parla tanto di grandi aggregazioni che possano fare da argine al populismo. Io penso che all’esatto contrario questa impostazione sia per il populismo non un’ argine, ma un’ autostrada.

 

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