Da stasera con il voto di fiducia della Camera il Governo Conte sarà nel pieno delle sue prerogative costituzionali, e il presidente del Consiglio dovrà da subito confrontarsi con i nostri interlocutori internazionali, non soltanto in Europa. Vale, quindi, la pena cercare di provare a valutare da subito il suo biglietto da visita così come emerge dal lungo discorso con il quale il presidente del Consiglio ha presentato il suo Governo in Senato.
Un discorso non particolarmente brillante: con più attenzione alle cose da non dire che coraggio in quelle dette. Insomma, una scelta (forse obbligata) di basso profilo. Del resto i 90 giorni e oltre di crisi politica dimostrano quanto sia stato difficile mettere insieme la maggioranza Lega – Cinque Stelle, e di quanto sia stato quindi ragionevole per il neo presidente del Consiglio cercare di evitare di scontentare le due forze politiche che sostengono con il voto favorevole il suo esecutivo. Di qui la mancanza di indicazioni precisie sui temi economici e dei modi e tempi nei quali andranno approvati alcuni capisaldi delle promesse elettorali: dalla flat tax al reddito di cittadinanza. Così come si spiegano i numerosi “ma anche” in tema di scelte di politica internazionale. Con l’Europa e nell’Euro, ma anche per rivendicare diverse scelte in temi di politiche per l’immigrazione; con il tradizionale alleato americano ma anche con grande amicizia verso la Russia alla quale chiediamo siano tolte le sanzioni economiche. Insomma si nota una certa indeterminatezza.
Ma su una cosa Conte ha parlato forte e chiaro. Ed è stato quando con orgoglio ha rivendicato l’essere populisti. Quello che per altri è un accusa per il presidente del Consiglio è una valutazione positiva perchè essere populisti, a suo giudizio, vuol dire parlare con la gente essere in sintonia con il popolo e quindi essere garanzia del cambiamento. Intanto, però, Conte ha anche voluto e forse dovuto affermare che “non siamo e non saremo razzisti“. Una volta si diceva “excusatio non petita accusatio manifesta“. E quel che è certo è che tanto nel discorso del presidente del Consiglio che nelle dichiarazioni fatte in più occasioni dal suo vicepresidente e ministro dell’Interno, in tema di accoglienza degli immigrati si coglie qualche motivo e qualche ragione di forte preoccupazione.
Fin qui l’impostazione programmatica (i riferimenti al “contratto” sono stati continui e precisi) del nuovo Governo illustrata dal presidente del Consiglio. Dinanzi alla quale c’è da valutare come reagiranno le altre forze politiche. Fratelli d’Italia ha dato per ora una benevola astensione e chissà che in futuro non possa trasformarsi in voto favorevole. Quanto a Forza Italia, che i sondaggi danno in notevole difficoltà, per ora esprime un voto contrario, ma Berlusconi guarda con attenzione in particolare a quelle che saranno le scelte in tema di giustizia e di telecomunicazioni. E intanto rassicura che il centrodestra, almeno a livello locale, c’è ancora. Insomma prospettive se non aperte almeno non chiuse.
E la sinistra? Al momento si consuma tra divisioni, dilemmi e difficoltà di confronto. Eppure ce ne sarebbe tanto bisogno. In fondo i 90 giorni e passa di crisi hanno dimostrato che dichiararsi spettatori di quello che faranno gli altri e godersi lo spettacolo, non giova nè al Paese nè alla sinistra e al suo campo.
Al Senato c’ è stato un vigoroso e fermo discorso di Piero Grasso per Leu.
Ma Leu non è ancora riuscita neanche a farsi partito. Per il Pd, un po’ a sorpresa dopo le dimissioni e i numerosi annunci di giocare ora da mediano e ora da senatore semplice, è tornato alla ribalta Matteo Renzi con un discorso duro ma imperniato soprattutto su battute urticanti (tipo programma scritto con l’inchiostro simpatico e coperture con assegni a vuoto). Insomma poca analisi, scarso rispetto dell’avversario e soprattutto nessuna indicazione convincente sul che fare della sinistra.
Vedremo gli sviluppi futuri dentro e fuori del Pd. Di certo c’ è bisogno che si cominci a discutere e su temi concreti. Ma per questo c’ bisogno di tornare a diventare un interlocutore credibile per gli elettori e, quindi, per quel popolo al quale troppi hanno raccontato che destra e sinistra sono concetti superati. Per questo credo ci sia bisogno di “ritrovarsi a sinistra“. E sottolineerei a sinistra perchè questa volta il luogo conta anche più del verbo. E intanto ringraziamo tutti Liliana Segre senatrice a vita che ha nobilitato l’aula del Senato dicendo chiaro e forte il suo no a qualsiasi legge speciale che discrimini rom e sinti.
Il governo Conte e i dilemmi della sinistra
Da stasera con il voto di fiducia della Camera il Governo Conte sarà nel pieno delle sue prerogative costituzionali, e il presidente del Consiglio dovrà da subito confrontarsi con i nostri interlocutori internazionali, non soltanto in Europa. Vale, quindi, la pena cercare di provare a valutare da subito il suo biglietto da visita così come emerge dal lungo discorso con il quale il presidente del Consiglio ha presentato il suo Governo in Senato.
Un discorso non particolarmente brillante: con più attenzione alle cose da non dire che coraggio in quelle dette. Insomma, una scelta (forse obbligata) di basso profilo. Del resto i 90 giorni e oltre di crisi politica dimostrano quanto sia stato difficile mettere insieme la maggioranza Lega – Cinque Stelle, e di quanto sia stato quindi ragionevole per il neo presidente del Consiglio cercare di evitare di scontentare le due forze politiche che sostengono con il voto favorevole il suo esecutivo. Di qui la mancanza di indicazioni precisie sui temi economici e dei modi e tempi nei quali andranno approvati alcuni capisaldi delle promesse elettorali: dalla flat tax al reddito di cittadinanza. Così come si spiegano i numerosi “ma anche” in tema di scelte di politica internazionale. Con l’Europa e nell’Euro, ma anche per rivendicare diverse scelte in temi di politiche per l’immigrazione; con il tradizionale alleato americano ma anche con grande amicizia verso la Russia alla quale chiediamo siano tolte le sanzioni economiche. Insomma si nota una certa indeterminatezza.
Ma su una cosa Conte ha parlato forte e chiaro. Ed è stato quando con orgoglio ha rivendicato l’essere populisti. Quello che per altri è un accusa per il presidente del Consiglio è una valutazione positiva perchè essere populisti, a suo giudizio, vuol dire parlare con la gente essere in sintonia con il popolo e quindi essere garanzia del cambiamento. Intanto, però, Conte ha anche voluto e forse dovuto affermare che “non siamo e non saremo razzisti“. Una volta si diceva “excusatio non petita accusatio manifesta“. E quel che è certo è che tanto nel discorso del presidente del Consiglio che nelle dichiarazioni fatte in più occasioni dal suo vicepresidente e ministro dell’Interno, in tema di accoglienza degli immigrati si coglie qualche motivo e qualche ragione di forte preoccupazione.
Fin qui l’impostazione programmatica (i riferimenti al “contratto” sono stati continui e precisi) del nuovo Governo illustrata dal presidente del Consiglio. Dinanzi alla quale c’è da valutare come reagiranno le altre forze politiche. Fratelli d’Italia ha dato per ora una benevola astensione e chissà che in futuro non possa trasformarsi in voto favorevole. Quanto a Forza Italia, che i sondaggi danno in notevole difficoltà, per ora esprime un voto contrario, ma Berlusconi guarda con attenzione in particolare a quelle che saranno le scelte in tema di giustizia e di telecomunicazioni. E intanto rassicura che il centrodestra, almeno a livello locale, c’è ancora. Insomma prospettive se non aperte almeno non chiuse.
E la sinistra? Al momento si consuma tra divisioni, dilemmi e difficoltà di confronto. Eppure ce ne sarebbe tanto bisogno. In fondo i 90 giorni e passa di crisi hanno dimostrato che dichiararsi spettatori di quello che faranno gli altri e godersi lo spettacolo, non giova nè al Paese nè alla sinistra e al suo campo.
Al Senato c’ è stato un vigoroso e fermo discorso di Piero Grasso per Leu.
Ma Leu non è ancora riuscita neanche a farsi partito. Per il Pd, un po’ a sorpresa dopo le dimissioni e i numerosi annunci di giocare ora da mediano e ora da senatore semplice, è tornato alla ribalta Matteo Renzi con un discorso duro ma imperniato soprattutto su battute urticanti (tipo programma scritto con l’inchiostro simpatico e coperture con assegni a vuoto). Insomma poca analisi, scarso rispetto dell’avversario e soprattutto nessuna indicazione convincente sul che fare della sinistra.
Vedremo gli sviluppi futuri dentro e fuori del Pd. Di certo c’ è bisogno che si cominci a discutere e su temi concreti. Ma per questo c’ bisogno di tornare a diventare un interlocutore credibile per gli elettori e, quindi, per quel popolo al quale troppi hanno raccontato che destra e sinistra sono concetti superati. Per questo credo ci sia bisogno di “ritrovarsi a sinistra“. E sottolineerei a sinistra perchè questa volta il luogo conta anche più del verbo. E intanto ringraziamo tutti Liliana Segre senatrice a vita che ha nobilitato l’aula del Senato dicendo chiaro e forte il suo no a qualsiasi legge speciale che discrimini rom e sinti.
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Guido Compagna
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