E’ opportuno fare un pur breve commento agli ultimi dati su “Occupati e disoccupati” che l’Istat ha pubblicato il 31 Gennaio (1). Vi si legge, testualmernte, che “la stima degli occupati diminuisce dello 0,3% (-66 mila), tornando al livello di ottobre“: eppure l’immarcescibile ministro Poletti non ha perso l’occasione per confermarsi il forse più incapace ed incompetente ministro del Lavoro che l’Italia abbia mai avuto. Infatti, aggrappandosi a modo suo al dato della “disoccupazione” (Prospetto 1, pag. 2 del Rapporto), l’ineffabile suddetto ha gioito per la “riduzione della disoccupazione” (come lui acriticamente la legge), il cui tasso ufficiale risulta disceso al 10,8% (Prospetto 2, pag. 2: -47.000) il che, secondo lui, “conferma la tendenza positiva di fondo dell’economia italiana” in favore della diminuzione della disoccupazione.
Ma perché non sta zitto, invece di raccontare balle? Balle, sì, senza tema di offendere: perché quei prospetti mostrano che, insieme ai disoccupati, sono diminuiti anche gli occupati, ed infatti il “tasso di occupazione” è diminuito dello 0,2% (è al 58%): come si spiega che diminuiscano contemporaneamente occupati e disoccupati? Si spiega ricordando la definizione di “disoccupati” (pag. 7): “le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che hanno effettuato almeno unazione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare“. Quindi, se uno che cercava lavoro (e non lo trovava) smette di farlo, pur continuando a non lavorare sparisce dalla statistica dei disoccupati e perciò questa segna un miglioramento (una riduzione). Ma la statistica non mente, se letta correttamente: infatti quella persona non si dissolve ma resta nel firmamento del lavoro (e non-lavoro), andando a finire nel numero degli “inattivi” (coloro che non hanno e non cercano lavoro) ed aumentandone il numero (quello che diminuisce da una parte aumenta tale e quale dall’altra, come in un “bilancio energetico“).
Quindi, il Prospetto 1 va letto così: gli occupati sono dimuiti, nel Dicembre 2017, di 66.000 unità; gli inattivi sono aumentati di 112.000 unità, 47.000 dei quali provenienti da coloro che precedentemente cercavano lavoro ed hanno smesso di farlo, scoraggiati (hanno soltanto “cambiato cappello“). Perciò una cosa è evidente, al di là delle definizioni tecniche: il numero di coloro che non lavorano, comunque li si chiami ed in qualunque area statistica li si metta, è aumentato nel mese di Dicembre di 112.000 unità: ma di cosa vanno blaterando Poletti e chi a lui si unisce, ai vari livelli?
Poi c’è il Prospetto 3 a pag. 3, che per certi versi è sconvolgente: esso mostra che in un anno gli occupati “permanenti” sono addirittura diminuiti di 25.000 unità, e che su un incremento di “occupazione” dipendente di 278.000 unità quelli “a termine” sono stati, a prima vista paradossalmente, 303.000 (il “paradosso” sta nel fatto che quelli “temporanei” siano addirittura il 110% circa del totale! Che dire? Segno evidente che al posto di 25.000 “occupati permanenti” sono subentrati 25.000 lavoratori “a termine” (e non si sa per quale intensità lavorativa, altra questione); e senza dire del Prospetto 4, che mostra che la fascia di età 35-49 anni continua ad essere falcidiata (lo è puntualmente, da quattro anni a questa parte), con una perdita di 204.000 “occupati” in un anno (circa mezzo milione dal 2014).
E allora: si può avere la faccia tosta di continuare ad affermare, come fanno Matteo Renzi ed i suoi corifei, che il Jobs Act ha avuto non solo – dicono loro – effetti positivi in assoluto, ma ha giovato al lavoro “permanente“, che – dicono loro – era lo scopo per il quale quella legge è stata concepita? E’ lampante: chi lo dice (Renzi ed i suoi reggicoda) mente sapendo di mentire. Sarà bene ricordarsene, il prossimo 4 Marzo.
Intanto, un suggerimento (sincero, anche se interessato): la lettura dei punti principali del Programma di “Liberi e Uguali“, a http://liberieuguali.it/programma/. In esso si legge, al paragrafo intitolato “Il lavoro. Quello buono“:
“La via maestra per la redistribuzione di redditi e ricchezza è quella verso la piena e buona occupazione, da stimolare attraverso un piano straordinario di investimenti necessari per rimettere in piedi il Paese. Un Green New Deal, che apra la strada alla riconversione ecologica delleconomia, intervenendo prioritariamente su: messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli ospedali, degli edifici pubblici e delle abitazioni; energie alternative, risorse idriche, istruzione, sanità, trasporto pubblico, cultura, tecnologie dellinformazione e della comunicazione, ricerca. Sono tutti investimenti ad alto moltiplicatore, cioè in grado di generare una crescita economica, e quindi una occupazione, molto più elevata rispetto agli sgravi fiscali o ai trasferimenti monetari“.
Parole che mostrano la differenza fra le mance elettorali (i bonus a pioggia, dispersione di risorse) ed una politica seria ed efficace: da tenere a mente.
La disoccupazione diminuisce? No, cresce
E’ opportuno fare un pur breve commento agli ultimi dati su “Occupati e disoccupati” che l’Istat ha pubblicato il 31 Gennaio (1). Vi si legge, testualmernte, che “la stima degli occupati diminuisce dello 0,3% (-66 mila), tornando al livello di ottobre“: eppure l’immarcescibile ministro Poletti non ha perso l’occasione per confermarsi il forse più incapace ed incompetente ministro del Lavoro che l’Italia abbia mai avuto. Infatti, aggrappandosi a modo suo al dato della “disoccupazione” (Prospetto 1, pag. 2 del Rapporto), l’ineffabile suddetto ha gioito per la “riduzione della disoccupazione” (come lui acriticamente la legge), il cui tasso ufficiale risulta disceso al 10,8% (Prospetto 2, pag. 2: -47.000) il che, secondo lui, “conferma la tendenza positiva di fondo dell’economia italiana” in favore della diminuzione della disoccupazione.
Ma perché non sta zitto, invece di raccontare balle? Balle, sì, senza tema di offendere: perché quei prospetti mostrano che, insieme ai disoccupati, sono diminuiti anche gli occupati, ed infatti il “tasso di occupazione” è diminuito dello 0,2% (è al 58%): come si spiega che diminuiscano contemporaneamente occupati e disoccupati? Si spiega ricordando la definizione di “disoccupati” (pag. 7): “le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che hanno effettuato almeno unazione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare“. Quindi, se uno che cercava lavoro (e non lo trovava) smette di farlo, pur continuando a non lavorare sparisce dalla statistica dei disoccupati e perciò questa segna un miglioramento (una riduzione). Ma la statistica non mente, se letta correttamente: infatti quella persona non si dissolve ma resta nel firmamento del lavoro (e non-lavoro), andando a finire nel numero degli “inattivi” (coloro che non hanno e non cercano lavoro) ed aumentandone il numero (quello che diminuisce da una parte aumenta tale e quale dall’altra, come in un “bilancio energetico“).
Quindi, il Prospetto 1 va letto così: gli occupati sono dimuiti, nel Dicembre 2017, di 66.000 unità; gli inattivi sono aumentati di 112.000 unità, 47.000 dei quali provenienti da coloro che precedentemente cercavano lavoro ed hanno smesso di farlo, scoraggiati (hanno soltanto “cambiato cappello“). Perciò una cosa è evidente, al di là delle definizioni tecniche: il numero di coloro che non lavorano, comunque li si chiami ed in qualunque area statistica li si metta, è aumentato nel mese di Dicembre di 112.000 unità: ma di cosa vanno blaterando Poletti e chi a lui si unisce, ai vari livelli?
Poi c’è il Prospetto 3 a pag. 3, che per certi versi è sconvolgente: esso mostra che in un anno gli occupati “permanenti” sono addirittura diminuiti di 25.000 unità, e che su un incremento di “occupazione” dipendente di 278.000 unità quelli “a termine” sono stati, a prima vista paradossalmente, 303.000 (il “paradosso” sta nel fatto che quelli “temporanei” siano addirittura il 110% circa del totale! Che dire? Segno evidente che al posto di 25.000 “occupati permanenti” sono subentrati 25.000 lavoratori “a termine” (e non si sa per quale intensità lavorativa, altra questione); e senza dire del Prospetto 4, che mostra che la fascia di età 35-49 anni continua ad essere falcidiata (lo è puntualmente, da quattro anni a questa parte), con una perdita di 204.000 “occupati” in un anno (circa mezzo milione dal 2014).
E allora: si può avere la faccia tosta di continuare ad affermare, come fanno Matteo Renzi ed i suoi corifei, che il Jobs Act ha avuto non solo – dicono loro – effetti positivi in assoluto, ma ha giovato al lavoro “permanente“, che – dicono loro – era lo scopo per il quale quella legge è stata concepita? E’ lampante: chi lo dice (Renzi ed i suoi reggicoda) mente sapendo di mentire. Sarà bene ricordarsene, il prossimo 4 Marzo.
Intanto, un suggerimento (sincero, anche se interessato): la lettura dei punti principali del Programma di “Liberi e Uguali“, a http://liberieuguali.it/programma/. In esso si legge, al paragrafo intitolato “Il lavoro. Quello buono“:
“La via maestra per la redistribuzione di redditi e ricchezza è quella verso la piena e buona occupazione, da stimolare attraverso un piano straordinario di investimenti necessari per rimettere in piedi il Paese. Un Green New Deal, che apra la strada alla riconversione ecologica delleconomia, intervenendo prioritariamente su: messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli ospedali, degli edifici pubblici e delle abitazioni; energie alternative, risorse idriche, istruzione, sanità, trasporto pubblico, cultura, tecnologie dellinformazione e della comunicazione, ricerca. Sono tutti investimenti ad alto moltiplicatore, cioè in grado di generare una crescita economica, e quindi una occupazione, molto più elevata rispetto agli sgravi fiscali o ai trasferimenti monetari“.
Parole che mostrano la differenza fra le mance elettorali (i bonus a pioggia, dispersione di risorse) ed una politica seria ed efficace: da tenere a mente.
(1) http://www.istat.it/it/files/2018/01/CS_Occupati-e-disoccupati_DICEMBRE_2017.pdf?title=Occupati+e+disoccupati+%28mensili%29+-+31%2Fgen%2F2018+-+Testo+integrale+e+nota+metodologica.pdf
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Franco Bianco
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