La sfida per la sinistra: un manifesto per l’eguaglianza, neosocialista, per non essere travolti dal contratto gialloverde
La rimozione a sinistra della portata storica del risultato del 4 marzo – nei termini in cui ne avevamo parlato su queste pagine- andrebbe analizzata sul lettino di uno psicanalista. Ce ne vorrebbe uno proprio bravo, di psicanalista, in grado di comprendere le ragioni per cui, malgrado qualche timida dichiarazione di facciata, si faccia tanta fatica, partendo dalla cronaca, a leggere la storia.
C’è voluta la rocambolesca e sconcertante vicenda della formazione del Governo Conte a spegnere le residue speranze di possibili navigazioni a vista, dopo la sconfitta, o di rapide occasioni di rivincita.
Una parte del PD voleva rimanere al Governo perché la propria funzione e la propria identità la esercita oramai solo nella gestione del potere. Fuori dal potere, dopo essere usciti da una parte della società, questa sinistra sazia e senz’anima è in totale crisi di identità.
Un’altra parte del PD – guidata da Matteo Renzi – voleva mangiare i pop corn, guardando il film di Conte. Pensava, e sicuramente pensa ancora oggi, che rapidamente la coalizione gialloverde si sfalderà, e che con Forza Italia vi è un destino comune in una formazione politica di stampo macroniano, né di destra né di sinistra, un po’ liberista e un po’ assistenzialista.
Liberi e Uguali sconta il peccato originale della sua nascita, assemblaggio di correnti e partitini, e sostanzialmente non si è differenziata dalla ricerca di un accordo di governo coi 5Stelle.
Nessuno, in questo quadro desolante, si è posto il problema di un’analisi radicale sulle ragioni e l’irreversibilità della crisi della sinistra storica in Italia, e sulla necessità di imboccare una strada nuova e coraggiosa. Forse, come si è sostenuto, andare a vedere le carte dei 5Stelle per il PD (e per LeU) sarebbe stato tatticamente utile, discutendo del programma, senza il diktat prepotente di Renzi.
Ma, diciamocelo chiaramente, non ci avrebbe costretto a guardare la realtà in faccia.
Ora, davvero, come nella fiaba di Andersen, il re è nudo. Anche se gli imbroglioni che lo hanno denudato sono ancora in circolazione.
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La domanda che ci si può fare – alla luce della nascita del governo gialloverde – è se la scomparsa della sinistra storica rappresenti la scomparsa della sinistra in quanto tale, e quindi della distinzione tra destra e sinistra. La risposta arriva da quella, magistrale e anticipatoria – era il 1994, e la questione cominciava ad essere al centro della discussione – offerta da Norberto Bobbio: ciò che deve “contrassegnare i due opposti schieramenti che siamo abituati ormai per lunga tradizione a chiamare sinistra e destra” è “da un lato il popolo di chi ritiene che gli uomini siano più eguali che diseguali e dall’altro il popolo di chi ritiene che siamo più diseguali che uguali”. E’ del tutto superfluo, se si accetta, come a me pare non si possa non fare, il paradigma di Bobbio, che si racconti l’aumento vertiginoso delle disuguaglianze tra il 1994 e oggi. Prima a livello globale e poi, dopo la crisi del 2008, in Italia.
Così è avvenuto un percorso inedito. La sinistra storica che, in particolare in Italia, si portava dietro un complesso di legittimazione nel mondo occidentale, sposava l’idea di mettere l’accento, sul piano economico, sulle diversità, sulla non eguaglianza, sulla libertà, perdendo – è ancora Bobbio che parla – la convinzione della necessità del “riconoscimento dei diritti sociali accanto a quelli di libertà”. Eppure, osserva Bobbio, “la ragion d’essere dei diritti sociali -inseriti come principi fondamentali nella nostra Costituzione – come il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla saluta, è una ragione egualitaria”. La sinistra storica così è diventata liberale. Ha assecondato di fatto un sistema di diseguaglianze. Tutto questo, in una fase in cui la globalizzazione sembrava avere davanti a sé sorti magnifiche e progressive, turbava solo piccole minoranze consapevoli. In una fase in cui la globalizzazione ha mostrato il suo volto feroce e ingiusto – in assenza di una democrazia sovranazionale, in quella che Jurgen Habermas ha chiamato “la costellazione postnazionale” – il mondo ferito dalle nuove ingiustizie e, spesso inconsapevolmente bisognoso di eguaglianza, si è trovato senza voce politica. A partire dalla classe operaia, dal lavoro in tutte le sue forme, vecchie e nuove, dalle condizioni di vita degli esseri umani.
Non è la prima volta che ciò accade. Dopo la prima guerra mondiale, di cui ricordiamo il centenario, si determinò in larga parte dei paesi europei una situazione di “vuoto” di rappresentanza, velocemente riempito da nazionalismi, fascismo, nazionalsocialismo, xenofobia, forze reazionarie che si presentavano col vestito della rivoluzione.
La sinistra storica di allora – quella socialdemocratica – non seppe vedere il pericolo, si divise in più tendenze, ferocemente opposte tra di loro, a partire da quella comunista, e finì inconsapevolmente con l’assecondare le forze reazionarie.
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E’ dalla domanda di eguaglianza che ora occorre partire, superando gli schemi di questi anni. Il PD nacque qualche mese prima della crisi del 2008 scommettendo tutto su un mondo che non c’è più. Alla sua sinistra si è riprodotto lo schema con cui Rifondazione Comunista, fin dalla sua nascita, ha contestato, e in alcune occasioni assecondato, la sinistra liberale.
E’ per questo che trovo ragionevole l’idea, alla luce del Governo gialloverde, di aprire una sfida larga e inclusiva, di ricerca e di azione. Penso a un manifesto per l’eguaglianza, neosocialista, che si proponga di declinare in termini nuovi i diritti sociali e quelli individuali, e che possa essere proposto e condiviso da tutte le forze – a partire dal PD e da LeU – che si riconoscono in valori e principi di questa natura, destinati a essere travolti dal contratto gialloverde.
Penso ai fondamenti culturali e ideali di un nuovo agire politico, e a forme di solidarietà e di mutualismo comuni a chi in quei fondamenti si riconosce.
Il tema cruciale, anche per chi è convinto che la questione del Governo sia il cuore di tutto, è quello di una strategia di insediamento sociale delle forze dell’eguaglianza, e di conquista morale e culturale della società, casa per casa, posto di lavoro per posto di lavoro.
Non penso che ci sia più molto tempo da perdere.