Dai primi anni Novanta e per tutto l’arco della seconda Repubblica, il pensiero o, meglio, la mentalità neoliberista ha scavato nel profondo, abbattendo le antiche fondamenta di una organizzazione sociale ispirata all’integrazione, la protezione, la promozione. Ha abbattuto i vincoli della solidarietà fra gli individui, parcellizzato il tessuto sociale, aziendalizzato lo Stato, imposto l’etica del successo, cronometrizzato il tempo, piegato l’esistenza umana ad una razionalizzazione inumana, ha disumanizzato le persone piegandole alla logica della misurazione e della valutazione quantitativa, ha svilito la cultura in una sommatoria di crediti formativi, ha mercificato le relazioni e trasformato uomini e donne in capitale umano. Ha edificato il suo tempio, con pazienza e sapienza.
La logica neoliberista pervade ogni settore della vita, pubblica e privata, dei cittadini. La cosa pubblica è organizzata in ossequio a tale logica. Coerentemente organizzata. Al punto che è il sistema nel suo complesso che va ripensato, smantellato a partire dal nucleo attorno al quale tutto si articola, ricostruito in una prospettiva riumanizzante, capace di ricreare vincoli solidali che pongano argine alla deriva dell’incertezza trasformatasi in paura e aggressività. In tale prospettiva ciò che è ‘’pubblico’’ va ricollocato come centro ideale e reale di una socialità sentita, agita, riconquistata.
Al centro del diffuso malessere esistenziale si pone oggi il sistema dell’istruzione, crocevia di una sofferenza radicale, che abbraccia ogni livello dell’universo relazionale a cominciare da quello familiare, liquefatto dalla mancanza di riferimenti valoriali sensati.
Fatta oggetto di vere e proprie politiche demolitorie che ne hanno svilito il significato e il ruolo fino a farne una sorta di capro espiatorio per il fallimento morale, culturale e civile nel quale siamo precipitati, non è oggi un caso che la scuola sia fatta oggetto, sempre più frequentemente, di aggressioni da parte di alunni e genitori che riversano su docenti e dirigenti scolastici le frustrazioni di una società diventata incapace di stringere legami di alleanza e di fiducia e rispetto reciproci. E non è un caso che una simile emergenza sia accolta con qualche dichiarazione di circostanza e un sostanziale disinteresse da parte delle forze politiche e, più in generale, della classe dirigente del Paese. Non è un caso perché, nella generale mercantilizzazione della realtà, nulla più rappresenta un valore in sé, ad eccezione della dialettica degli interessi.
I docenti aggrediti potranno agire contro gli aggressori per le lesioni personali di cui sono stati fatti oggetto. Come se si trattasse di un zuffa per un parcheggio o di dissidi di vicinato finiti male. Si potrà procedere per oltraggio a pubblico ufficiale. Mettendo sullo stesso piano situazioni, ancorché tutte gravi, molto diverse fra loro. Ma nulla che inviti a riflettere sulla specificità del fenomeno, che investe un’istituzione che qualsiasi paese civile dovrebbe considerare centrale e difendere da offese o violazioni.
Per restituire valore simbolico al mondo della scuola e ricollocarlo al centro dell’attenzione, una sinistra impegnata alla rifondazione dei valori umanistici contro lo svilimento neoliberista, dovrebbe proporre un’aggravante a tali reati quando questi si compiano nell’universo dell’istruzione. Sarebbe un segnale importante. A parziale risarcimento per un ventennio di sofferenza che la Seconda Repubblica ha inferto a tale vitale settore.
Restituire il valore simbolico alla scuola
Dai primi anni Novanta e per tutto l’arco della seconda Repubblica, il pensiero o, meglio, la mentalità neoliberista ha scavato nel profondo, abbattendo le antiche fondamenta di una organizzazione sociale ispirata all’integrazione, la protezione, la promozione. Ha abbattuto i vincoli della solidarietà fra gli individui, parcellizzato il tessuto sociale, aziendalizzato lo Stato, imposto l’etica del successo, cronometrizzato il tempo, piegato l’esistenza umana ad una razionalizzazione inumana, ha disumanizzato le persone piegandole alla logica della misurazione e della valutazione quantitativa, ha svilito la cultura in una sommatoria di crediti formativi, ha mercificato le relazioni e trasformato uomini e donne in capitale umano. Ha edificato il suo tempio, con pazienza e sapienza.
La logica neoliberista pervade ogni settore della vita, pubblica e privata, dei cittadini. La cosa pubblica è organizzata in ossequio a tale logica. Coerentemente organizzata. Al punto che è il sistema nel suo complesso che va ripensato, smantellato a partire dal nucleo attorno al quale tutto si articola, ricostruito in una prospettiva riumanizzante, capace di ricreare vincoli solidali che pongano argine alla deriva dell’incertezza trasformatasi in paura e aggressività. In tale prospettiva ciò che è ‘’pubblico’’ va ricollocato come centro ideale e reale di una socialità sentita, agita, riconquistata.
Al centro del diffuso malessere esistenziale si pone oggi il sistema dell’istruzione, crocevia di una sofferenza radicale, che abbraccia ogni livello dell’universo relazionale a cominciare da quello familiare, liquefatto dalla mancanza di riferimenti valoriali sensati.
Fatta oggetto di vere e proprie politiche demolitorie che ne hanno svilito il significato e il ruolo fino a farne una sorta di capro espiatorio per il fallimento morale, culturale e civile nel quale siamo precipitati, non è oggi un caso che la scuola sia fatta oggetto, sempre più frequentemente, di aggressioni da parte di alunni e genitori che riversano su docenti e dirigenti scolastici le frustrazioni di una società diventata incapace di stringere legami di alleanza e di fiducia e rispetto reciproci. E non è un caso che una simile emergenza sia accolta con qualche dichiarazione di circostanza e un sostanziale disinteresse da parte delle forze politiche e, più in generale, della classe dirigente del Paese. Non è un caso perché, nella generale mercantilizzazione della realtà, nulla più rappresenta un valore in sé, ad eccezione della dialettica degli interessi.
I docenti aggrediti potranno agire contro gli aggressori per le lesioni personali di cui sono stati fatti oggetto. Come se si trattasse di un zuffa per un parcheggio o di dissidi di vicinato finiti male. Si potrà procedere per oltraggio a pubblico ufficiale. Mettendo sullo stesso piano situazioni, ancorché tutte gravi, molto diverse fra loro. Ma nulla che inviti a riflettere sulla specificità del fenomeno, che investe un’istituzione che qualsiasi paese civile dovrebbe considerare centrale e difendere da offese o violazioni.
Per restituire valore simbolico al mondo della scuola e ricollocarlo al centro dell’attenzione, una sinistra impegnata alla rifondazione dei valori umanistici contro lo svilimento neoliberista, dovrebbe proporre un’aggravante a tali reati quando questi si compiano nell’universo dell’istruzione. Sarebbe un segnale importante. A parziale risarcimento per un ventennio di sofferenza che la Seconda Repubblica ha inferto a tale vitale settore.
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Lea Reverberi
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