Decine di vittime all’aeroporto Ataturk di Istanbul dove un commando persone ha aperto il fuoco sulla folla al terminal internazionale. Poi tre di loro si sono fatti saltare in aria al parcheggio dei taxi. Tra i feriti anche cittadini stranieri. Il terrorismo continua a colpire l’Europa e i suoi confini. Senza contare gli ultimi anni ben impressi nelle nostre menti, tra il 2009 e il 2013 negli Stati membri dell’UE vi sono stati 1010 attentati falliti, sventati o riusciti. Inoltre, numerosi cittadini europei sono stati rapiti o assassinati da gruppi terroristici in tutto il mondo. Una strategia del terrore ma anche una fine tattica militare quella dello Stato Islamico, ma in generale dei gruppi terroristici e para-militari medio orientali. L’attacco all’Europa comincia a fare il suo effetto. Le crepe cominciano a evidenziarsi sempre più nette, il disgregarsi sia dell’Unità europea, sia amministrativa che popolare è sempre più netto.
Paura dell’immigrazione, riconquista del primato nazionale, esaltazione della propria storia imperiale. Una decisone poco ragionata quella del popolo inglese ma nel periodo in cui il Regno Unito uscirà dall’Europa possiamo aspettarci ulteriore tensione e confusione e contrasti. In questo periodo l’Europa deve star molto attenta ad evitare che altri Paesi euroscettici siano tentati dall’esempio inglese, che in una sorta di effetto domino il nostro grande Paese si disintegri sotto i colpi dei gruppetti nazionalistici. Ma non solo, confusione, fratture e tensioni interne fanno il gioco delle organizzazioni terroristiche. Si perché in realtà la Brexit è il primo grande risultato della strategia mediatica e operativa sul campo europeo dell’Isis e più in generale dell’estremismo islamico. Gli attentati suicidi che hanno colpito la capitale europea Bruxelles, Parigi, e le nostre periferie come la Tunisia e la Turchia hanno raggiunto il loro scopo. La strategia del terrore dell’Isis sta vincendo distruggendo quell’Europa che doveva essere il baluardo difensivo dei diritti civili.
I cittadini europei non si sentono più sicuri e si arroccano nelle proprie nazioni chiedendo di innalzare muri. Referendum spinti da politici alla ricerca solo di potere elettorale e da sentimenti popolari di paura e ignoranza indicano vie di fuga dall’Unione Europea. Nazionalismo, estremismo e ghettizzazione quindi trovano terreno fertile, ci disuniscono rendendoci sempre più deboli. Il mondo globalizzato e la persistenza della crisi economica fanno il resto. Senza accorgerci stiamo facendo il gioco degli strateghi dello Stato Islamico, di Al- Qaida, dei dittatori del Medio Oriente.
Senza una politica unica, un esercito e un’ intelligenze comune e una univoca politica estera non riusciremo far fronte ad un futuro che si prospetta incerto e drammatico. La crisi della Brexit può essere l’occasione per ricostruire subito un Europa meno tecnocratica e finanziaria, più sociale e umana, per dare una risposta immediata alle crisi che stiamo affrontando: economica, ambientale, sociale, migratoria. Ma soprattutto ci permette di svegliarci dal torpore dell’opulenza occidentale per far fronte alla difesa del nostro popolo e del nostro grande Paese dalla crisi più preoccupante, quella terroristica.