
Luca Dell’Atti: “Aderisco ad Art. 1 perché mi restituisce una prospettiva nuova”
Una faglia attraversa l’intero mondo occidentale: ai populismi dell’antipolitica e delle destre si contrappongono gli establishment neoliberisti. Ovunque, parte della politica e dell’opinione pubblica non è disposta a consentire una falsificazione semplificatoria come questa. È dunque inevitabile che ovunque, e anche in Italia, forze di sinistra si incarichino di fornire una narrazione diversa del presente ed una visione diversa del futuro, guidate entrambe dal principio cardinale della giustizia sociale.
C’è bisogno di verità, di scendere alla radice dei problemi, di proporre soluzioni che li recidano lì dove il germe delle diseguaglianze prospera.
Aderisco ad Articolo 1 innanzi tutto perché è l’unica formazione politica ad avere il coraggio di dichiarare, con la forza del linguaggio semplice e vero, che tale radice sta nella combinazione micidiale di capitalismo transnazionale e globalizzazione sregolata.
Aderisco ad Articolo 1 perché mi restituisce una prospettiva nuova, finalmente diversa da quella propagandata come monolitica e inevitabile a chi, come me, è nato dopo la caduta del Muro: una prospettiva in cui concetti quali giustizia, solidarietà, equità siano valori verso cui tendere, non residuati semantici di ideologie sconfitte dalla storia.
Aderisco ad Articolo 1 perché esso valorizza dinamicamente lo spontaneismo associativo, la costruzione politica dal basso, il punto di vista ed il lavoro programmatico delle generazioni che si affacciano ora sul mondo del lavoro. Perché esso non solo prevede, nelle sue strutture, ampi spazi di riflessioni e proposta politica, ma anzi esige che quelle generazioni forniscano un contributo essenziale alla rifondazione di una nuova, coerente politica del lavoro e dei diritti.
Aderisco ad Articolo 1 principalmente perché vorrei che esso fosse lo strumento per la realizzazione di questa politica, incentrata su un paradigma chiaro di lavoro, non un lavoro “quale che sia” ma il lavoro di cui agli artt. 1 e 36 della Costituzione, dignitoso, libero, in grado di diventare la base su cui costruire la propria vita e su cui fondare il contribuito di ognuno di noi al prosperare della collettività intera. Non un lavoro competitivo, concorrenziale, egoista e finalizzato o alla sopravvivenza o al profitto, ma un lavoro che sia in stretta connessione con i diritti.
Vorrei cioè un’Italia costituita da cittadini che realizzino a pieno il modello costituzionale: uomini e donne, italiani e stranieri che contribuiscono allo sviluppo della collettività mettendo a disposizione di essa e in comunicazione fra loro attitudini, estro e intelligenze, partecipando alla vita pubblica del Paese e delle proprie collettività locali, fruendo dei servizi sociali, istruzione, salute, sviluppo e scambio culturali. Ecco perché il lavoro è strettamente correlato alla tutela e all effettività dei dei diritti civili, politici e sociali; ecco perché nel modellare forme e norme del nuovo lavoro non si può non tenere conto del piano dei diritti; ecco perché il punto focale che deve reggere la prospettiva delle politiche del lavoro è il cittadino, nella sue triplice dimensionalitá, individuale, relazionale e collettiva.
Infine, aderisco ad Articolo 1 perché le sue proposte, incentrate su investimenti, ristrutturazione del welfare, spinta alla ricerca, mi fanno sentire tornato a casa. uno spazio politico rinnovato e privo di alcuni tra gli usi asfittici che hanno afflitto negli ultimi anni i principali partiti del centro sinistra, ma soprattutto una comunità che finalmente torna a volersi assumere una responsabilità essenziale per la salute della nostra democrazia: dare attuazione allo spirito solidaristico che informa di se quel potente manifesto dei valori che è la nostra Costituzione.