
Alessandro Valenza: Dai ballottaggi alle politiche, il ruolo di Articolo Uno-MdP
I ballottaggi delle amministrative 2017 ci hanno consegnato un quadro politico di assoluta incertezza e di frammentazione. Le sicurezze del passato, insieme alla garanzia di vittoria delle sinistre in alcuni territori, sono venute meno. La Toscana si è scoperta un po’ meno rossa. Un rosa pallido con macchie nere e pentastellate. C’è stata la clamorosa vittoria delle destre in città storiche come Genova e Sesto San Giovanni. Analizzare il dato elettorale tuttavia non può ridursi alle semplificazioni di queste.
Partiamo dal dato più importante: l’astensionismo. Il 54% degli aventi diritto non si è recato alle urne. Nei tre capoluoghi di Regione l’affluenza si è fermata poco sopra il 40%. Un cittadino su due non si è recato alle urne e non è sufficiente invocare il caldo e la voglia di mare a parziale giustificazione. Ci sono responsabilità politiche collettive. Responsabilità che non investono solo le forze di governo, ma dovrebbero interrogare tutte le forze parlamentari e non.
Perchè se è vero che da un lato il PD perde consensi, e quindi l’amministrazione di città importanti, e altrettanto vero che, ad esempio, l’effetto novità del M5S ha conosciuto una prima significativa flessione. Non basta più urlare slogan e vaffa per amministrare un territorio. E’ necessario sporcarsi le mani e non sempre si riesce ad essere migliori degli altri. Capita così che ci si ritrovi a perdere consenso.
Chi trae nuova linfa e nuovo slancio da queste flessioni è sicuramente il centrodestra unito. Risultati che sono andati ben oltre le aspettative più per demeriti altrui che meriti propri. Ma tanto è bastato a rispolverare il sorriso migliore delle Santanchè (che pensava di aver vinto pure a Trapani senza avere un candidato), dei Salvini, dei Gasparri.
Allarma ancora di più vedere la crescita di consensi per forze dichiaratamente fasciste come Casapound capace di arrivare a Lucca a sfiorare l’8%. Un risultato frutto di un lavoro, evidentemente meticoloso, fatto nelle periferie troppo spesso abbandonate da una sinistra buona per i salotti e per gli studi televisivi, ma un po’ meno capace di andare a parlare nei quartieri più difficili delle città. Quello spazio, quel vuoto, è stato riempito, nostro malgrado, dai militanti di Casapound ed è una questione da affrontare con estrema urgenza.
I commenti post-voto dei vertici democratici sono stati di una miopia imbarazzante. Piuttosto che recepire il messaggio degli elettori di tornare a guardare a sinistra, hanno preferito aumentare il solco tra loro e le forze progressiste del Paese. L’immagine condivisa sui social con tanto di critica da parte di Orfini al tavolo dell’Unione, con Presidente del Consiglio Romano Prodi, è un tremendo autogol.

In un colpo solo sono stati capaci di criticare il fondatore del partito nonché ex premier, due ex-segretari, tre ex-premier di centrosinistra nonché svariati esponenti del PD, tra cui l’attuale primo ministro del governo, Paolo Gentiloni, e due persone decedute dotate di straordinario spessore culturale e politico. In compenso, oggi si registrano Alfano al posto di Diliberto, la Boschi al posto della Bonino e Denis Verdini al posto di Antonio Di Pietro.
E a sinistra? Da Possibile a Campo Progressista, passando per SI e Articolo Uno-MdP, ci sono segnali elettorali incoraggianti, con alcuni importanti risultati, ma nel complesso si ha l’impressione di forze incapaci di andare oltre la mera sopravvivenza. Una sinistra capace di incidere nei processi decisionali a tutti i livelli non può accontentarsi del 5-6%. L’obbiettivo della doppia cifra è il minimo sindacale per pensare di costruire qualcosa più di un recinto capace di garantire qualche scranno parlamentare a pochi “prescelti“. La mancanza di credibilità potrebbe in parte essere compensato con un serio lavoro di radicamento territoriale. Da lì bisognerebbe ripartire per dare un senso a soggetti percepiti come comitati elettorali di questo o quel leader.Il messaggio inviato in quell’immagine mi pare chiaro: distruggere ogni legame con la sinistra. Dare una nuova identità al PD legandolo alla tradizione democristiana per poter così contare su alleanze variabili, ora con la destra ora con la sinistra, in relazione alla contingenza del momento.
In questo senso l’appuntamento del 1° luglio lanciato da Giuliano Pisapia darà certamente delle indicazioni importanti.

La partita che dovrà giocare Articolo Uno – MdP sarà estremamente impegnativa: fare da collante tra tutte le forze in campo. Collante tra Pisapia e Sinistra Italiana, ad esempio. Promuovere fin da subito la nascita di gruppi di lavoro su tutti i territori per cominciare a strutturarsi in vista delle prossime imminenti politiche. Fare rete con associazioni, movimenti e realtà che vivono e animano il dibattito su quelle tematiche che caratterizzano un programma di sinistra: ambiente, lavoro, disarmo, salute, istruzione, integrazione.
Sarebbe utile finirla di pensare solo alle alleanze e ai nomi. Chiamarsi sinistra o centrosinistra non interessa a nessuno. Dire se vuoi reintrodurre l’art.18 o se vuoi realizzare una pista aeroportuale di 2400 m nella piana fiorentina interessa molti più cittadini.
Usciamo da questa eterna sindrome del fratello minore nei confronti del PD e affrontiamo la sfida dell’alternativa senza tentennamenti. Il nemico è rappresentato dalle destre in tutte le sue forme. Finiamola di farci la guerra tra vicini e concentriamoci su ciò che ci unisce piuttosto che accanirci su ciò che ci divide.
Non è in ballo solo la sopravvivenza della sinistra, che per altro interessa solo a pochi, ma c’è in gioco molto di più a partire dall’importanza della partecipazione popolare come strumento per misurare la qualità della nostra democrazia.
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Nella foto di copertina: Alessandro Valenza
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Alessandro Valenza
Siciliano di nascita e Toscano d'adozione, mi sono trasferito a Pisa nel 2001 per motivi di studio. Componente del coordinamento di Articolo Uno - MDP Pisa