
Chiamateci con il vostro nome, noi vi chiameremo con il nostro: Liberi e Uguali
Il 4 marzo non sarà solo la notte dei risultati elettorali, quella in cui molti di noi saranno come al solito incollati al televisore o in una sede di partito ad attendere ansiosi i risultati di mesi di campagna elettorale, sarà anche la notte degli Oscar, dove potrebbe vincere un meraviglioso film uscito nei giorni scorsi nelle sale cinematografiche: “Chiamami col tuo nome”. Un film che parla di noi, di tutti e di tutto quello che sentiamo, proviamo, nel bene e nel male, un film potente e ricco di tutto quello che viviamo, carico di tensione dall’inizio alla fine. Una propaganda per l’amore, l’amicizia e la vita. In cui si tenta di far riflettere su come sia importante non censurare le proprie emozioni, viverle a pieno, perché soffrire e gioire d’amore, vuol dire imparare a vivere.
Che cosa è che unisce l’amore e la politica?
La politica come l’amore si nutre di passione, emozioni, di testa e cuore, ed è avversa all’individualismo sfrenato. In politica come in amore bisogna imparare ad ascoltare gli altri e le proprie emozioni per poter offrire una prospettiva credibile e felice a se stessi e agli altri, e per riuscirci serve imparare a correre insieme, non lasciando l’altro indietro. Ha bisogno, inoltre, di creatività e di una visione del mondo lungimirante unita ad una febbrile e incessante lotta propositiva nel presente,. Non ha certo bisogno di un linguaggio violento, rancoroso, individualista e razzista. La politica come l’amore è, infine, caratterizzata da una parola potente e colorata, Libertà, e noi uomini e donne di Sinistra dovremo riappropriarci di questa parola, spesso mercificata e strumentalizzata con l’arte dell’inganno. Bisognerà gridare forte a tutti libertà dalla paura, dai pregiudizi, dalle mafie, dalla precarietà, dal razzismo, dalle ingiustizie. Se faremo questo, come ,, metteremo il primo mattone che servirà per ricostruire il grande sogno collettivo, tutto politico, di un futuro con meno ingiustizie e più libertà, e se riusciremo nel nostro intento faremo un favore al paese e alla politica tutta, che in questi giorni di campagna elettorale sta dando la dimostrazione peggiore di quanto sia stata ferita ed avvilita in questi decenni.
La politica, infatti, è entrata totalmente e vertiginosamente in crisi, esattamente come quando entra in crisi l’amore, mancano le certezze, ci si tiene tutto dentro senza esprimere le proprie emozioni, e tutto sembra diventare inutile.
Quando l’elettore esprime le ragioni dell’avversione, noi pensiamo subito a populismo e utilizzo spasmodico e distorto dei social, ma la riflessione che dobbiamo fare è: quando l’elettore “populista” medio dice “fanno solo i loro interessi”, dice una cosa che è il minimo comune denominatore di tutta l’antipolitica.
È accaduto questo perché nella classe dirigente di questo paese (politici, giornalisti, manager, ecc) si è perso il senso di cercare un linguaggio comune e la narrazione delle diverse parti è ormai completamente diversa, non si da più un minimo di credibilità all’avversario ed anche i dati, un tempo oggettivi, sono diventati uno strumento da distorcere a proprio piacimento. Parallelamente il sistema politico italiano è divenuto quasi completamente privatistico e chiuso, con la diretta conseguenza che se non si dà la possibilità di partecipare apertamente e liberamente ai cittadini, si nega la possibilità di credere positivamente nel futuro e di sognare, e allora tutto finisce.
Mentre diversi anni anni fa gli elettori coglievano una prospettiva che veniva offerta dai partiti, legata alle ideologie, oggi i cittadini sono sfiduciati non solo dalla visione corrotta che hanno della politica ma anche dal fatto che nessuno riesce più ad offrire uno sguardo lungo, propositivo, anche utopico per certi versi.
Oggi stiamo assistendo ad una campagna elettorale pessima, radicalizzatasi sul tema dei migranti e della sicurezza e sfociata in un ritorno alla lotta su temi come il fascismo e l’antifascismo.
È evidente che dal 2013 ad oggi il sistema politico è in crisi, con una prospettiva che raffigura un peggioramento alla luce dei maldestri tentativi di questi 5 anni. Abbiamo, infatti, una legge elettorale che molto probabilmente non consegnerà una maggioranza e dall’altra non si possono più fare grandi coalizioni perché mancano i partiti, quelli veri e solidi, e purtroppo il sistema parlamentare che prevede la nostra costituzione è impostato sulla forza che avevano prima i partiti politici e che oggi è venuta a mancare a causa del fatto che sono volatili, personali e spesso totalmente privi di cultura politica e classe dirigente.
Qui sta il primo grande obbiettivo di Liberi e Uguali: contribuire con la propria cultura politica a ricostruire un sistema politico che riconosca e regolamenti i partiti e, sopratutto, formi una vera e solida classe dirigente perché servono uomini e donne che sappiano padroneggiare la conoscenza della cosa pubblica impostandola per creare una prospettiva futura, una classe dirigente insomma che condivida il mondo delle soluzioni tecniche e sia immersa nel mondo della rappresentanza politica.
Ai cittadini, infine, bisognerà riaccendere l’emozione per la politica, quella bella, bisognerà far capire ciò che mi disse un grande maestro scomparso purtroppo prematuramente, il vicedirettore del Sole24Ore Fabrizio Forquet: “voi potete disinteressarvi alla politica, ma sappiate che la politica non si disinteresserà mai di voi”.
Certo, però, non si può vivere solo di progetti e prospettive future, bisogna fare un bagno nella realtà e capire il presente attrezzandosi per ricostruire il futuro.
E allora cosa sta accadendo oggi nel mondo e in Italia?
L’economia corre in un modo e le istituzioni e la politica in un altro, molto più lento: i mercati votano tutti i giorni, i cittadini una volta ogni tanto.
I più importanti leader politici preferiscono tentare di catturare il consenso con proposte mirabolanti sul fisco o sulle pensioni, che peraltro con il debito pubblico hanno molto a che fare, se si considera che gran parte delle coperture proposte finirebbe per scaricarne l’onere sulle future generazioni.
Allo stato attuale il debito pubblico ammonta in valori assoluti a circa 2.300 miliardi e il rapporto debito/PIL si attesta al 132,7 per cento. Per finanziare un debito di questa portata occorre impegnare circa 70 miliardi di spesa per interessi.
Ad oggi bisogna imprimere un’accelerazione ai tassi di crescita (eliminando la politica di bonus e incentivi e programmando una solida politica di investimenti) che, accanto al mantenimento di un elevato avanzo primario consentano di abbattere gradualmente il macigno del debito, e non solo perché lo prevedono le regole europee, ma perché si unirebbe una crescita stabile e più occupazione con un controllo accurato della finanza pubblica (ricordandosi che il debito può anche essere alto, ma quel che conta è la sua sostenibilità).
Avere un debito sostenibile significa riuscire a garantire nel medio periodo il mix giusto di maggiore crescita, riforme strutturali (tipo la lotta all’evasione!), minore spesa per interessi ed elevato avanzo primario, tenendo conto che in questi anni la situazione si è mantenuta stabile anche perché la spesa per interessi è in calo grazie ai bassi tassi di interesse e al programma straordinario attivato dalla Bce, che però andrà a ridursi (da 60 a 30 miliardi al mese) per arrivare ad una condizione di normalità pre-crisi.
A proposito di evasione fiscale, grande assente in questa campagna elettorale, il Ministero delle Finanze ha dichiarato che nel 2016 sono entrati nelle casse dello stato circa 807 miliardi. Dai dati si deduce che la pressione fiscale in Italia è tra le più alte dei paesi avanzati, ma lo è sopratutto per chi le tasse chiaramente le paga regolarmente e, visto che molto spesso chi sostiene il carico della tassazione non corrisponde a chi versa, alla fine del “circolo” chi paga di più è sempre il lavoratore medio o il consumatore ultimo. L’ultimo rapporto a disposizione (Giovannini) afferma che nel 2014 sono state evase tasse per circa 111 miliardi di euro (anche se alcune stime arrivano a 130) e che l’IMU ha rappresentato una delle tasse meno evase (forse per via della difficoltà di occultamento) con la diretta conseguenza che eliminare l’IMU è stato un grave errore sia dal punto di vista della progressività fiscale che della lotta all’evasione!
Inoltre il tema della lotta all’evasione sarebbe interessante da sottoporre ai fautori del “tutti a casa loro” e “ci costano troppo” nei confronti degli immigrati, per i quali sarebbe giusto chiarire due cose oggettivamente:
1) In Italia non c’è lavoro e siamo in una profonda crisi economica e sociale non per via dell’immigrazione ma per via di decenni di politiche economiche pubbliche scellerate e radicalmente sbagliate che hanno devastato il welfare e il sistema produttivo di questo paese, portandoci sull’orlo del default nel 2011 (motivo per cui si dovette procedere alla riforma Fornero i cui contestatori maggiori oggi sono coloro che di quella riforma furono i diretti responsabili).
2) Le spese per le operazioni di salvataggio dei migranti, prima assistenza e cure sanitarie, protezione ed educazione per i minori non accompagnati sono stimate in 3,3 miliardi di euro nel 2016, imbarazzante e minuscola come somma se si paragona al valore delle tasse e dei contributi sottratti al bilancio pubblico dall’evasione, unita ai costi per corruzione e malaffare, tutti costi che pesano come un macigno e che sono prodotti dagli Italiani con regolare permesso di soggiorno.
E allora proviamo a rimettere in fila il pensiero critico, torniamo tutti a pensare con la nostra testa, approfondiamo le tematiche di cui veniamo a conoscenza e gettiamo le armi dell’odio per armarci di testa e di cuore.
Questo è l’obbiettivo di Liberi e Uguali, studiare il presente per affrontare in maniera radicalmente opposta il futuro, riappassionare i cittadini alla politica, riportando al centro del dibattito proposte che partano da una complessiva visione del mondo vista dagli occhi dei più deboli.
Per il 4 marzo, andiamo stradaXstrada, casaXcasa, rivolgendoci ai tanti che non ce la fanno e non ai pochi privilegiati che ce l’hanno fatta, guardiamoli negli occhi e chiediamo loro di chiamarci con il loro nome, rispondendo che noi saremo pronti a farci carico delle loro debolezze e a sprigionare l’entusiasmo delle loro forze, chiamandoli con il nostro nome: Liberi e Uguali.