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Contratto statali: ferie solidali e antistress

Da due anni e mezzo sono dipendente statale e sotto l’albero ho trovato un contratto rinnovato che le mie colleghe e i miei colleghi aspettavano da molti anni. Sull’incremento salariale non discuto, perché come è immaginabile, 84 euro lordi di media, dopo otto anni di attesa, in altri momenti storici sarebbe stato considerato ridicolo, ma di questi tempi maledetti è cosa significativa.
Ci sono però altri due temi che mi hanno colpita:ferie solidali e le misure contro burn out e stress.

Le ferie solidali sono state introdotte recentemente dal D. Lgs. 151/2015, in attuazione della delega prevista dal Jobs Act e consentono a chi ha figli con problemi di salute di usufruire delle ferie di altri lavoratori che non le abbiamo completamente godute.
Ancora non si hanno dettagli chiari su chi e come potrà utilizzare questo nuovo istituto, ma le premesse mi paiono assai poco convincenti.
L’inalienabilità del diritto alle ferie è sancito dalla nostra Costituzione, che all’art. 36 recita appunto “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” e sancisce un principio, con una forza tale (l’impossibilità di rinunziarvi) che lascia ancora oggi, forse soprattutto oggi, sbalorditi per la capacità di coniugare l’enunciazione di un principio e la materiale garanzia della sua attuazione.
Il fine del riposo annuale è quello di consentire al lavoratore e alla lavoratrice di realizzare la propria persona anche in relazione ai suoi interessi ed ai suoi rapporti familiari, nonché di riposare e recuperare le forze, ed è per questo che non può essere ceduto.
In che modo questi principi possono declinarsi nell’introduzione delle ferie solidali? Quale idea di lavoro e di società sta dietro un concetto così astruso e incostituzionale?
A me vengono in mente lo scarso rispetto della nostra Costituzione, che è però l’effetto e non la causa del poco rispetto del lavoro, in generale, e del lavoro statale, in particolare. Il retro pensiero che si percepisce è che forse tutte quelle ferie sono anche troppe, che non è più il tempo né di realizzarsi, né di riposare, né di fare famiglia e, quindi, le ferie si possono cedere; che un vero lavoratore, un lavoratore degno di rispetto, le ferie non le consuma (ve lo ricordate l’”impiegato modello” che lo scorso anno al Festival di San Remo si vantava di non fare ferie?).

Ma le ferie solidali portano con se un altro grave postulato. Se è vero che ne potrà beneficiare chi ha figli malati, abbiamo un’altra grave perdita da mettere agli atti, anzi due: il welfare e lo Stato come suo garante. Infatti, se lo Stato rileva un bisogno specifico che intende tutelare, ossia la genitorialità, in particolari condizioni di bisogno, deve farsi carico di quel diritto e non lasciarlo alla solidarietà (e discrezionalità) tra colleghi. Enunciare quel diritto, lasciandolo senza tutele, non indebolisce solo il diritto stesso, ma anche la credibilità dello Stato, dunque della politica, come luogo per affermare e tutelare i diritti.

L’altra questione di grande interesse nel nuovo contratto sembra essere quella delle misure contro il burn out e lo stress. Con un velo di polemica, corroborata però da esperienza diretta, penso che senza una politica seria di assunzioni, valorizzazione delle competenze, una complessiva riorganizzazione del lavoro all’interno degli uffici e una maggiore attenzione alle condizioni di lavoro, prima tra tutte gli avvicinamenti del luogo di lavoro al luogo di vita, ormai ritenuti un’esosa pretesa, il burn out e lo stress non saranno minimamente intaccati.
Auguro a tutti e tutte noi la forza di batterci per ricostruire un mondo capace di riconoscere bisogni e trovare risposte degne di quel diritto all’emancipazione, individuale e collettiva, che attraversa tutta la nostra amata Costituzione.
Buone Feste!

P.S. So bene che molti dei temi trattati in questo scritto riguardano solo una parte dei lavoratori e delle lavoratrici, perché dilagante è il non lavoro e il lavoro senza diritti. Motivo in più per rivendicare lavoro e diritti per sé e per gli altri.

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