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Direzione PD: ma è stato veramente “il giorno del giudizio”?

Quello che poteva essere indicato come “il giorno del giudizio” da tantissimi addetti ai lavori e da moltissimi giornali e mezzi d’informazione, in verità si è realizzato come un giorno normale; un giorno come altri del Pd. Tra liti, tatticismi, toni profetici e personalismi vari.

Forse guardando i toni e l’attenzione mediatica che questa direzione ha attirato su di se, sarebbe stato meglio e più proficuo farla qualche mese prima e soprattutto fare una direzione nazionale specifica soltanto ed esclusivamente sul Referendum. Magari farla dopo aver fatto una grande assemblea , sempre sullo stesso tema, con segretari di circolo e militanti. Ma tutto ciò non è stato fatto, e la discussione dentro al Partito, dentro alle sezioni (quelle che sono ancora esistenti ed aperte) è pesante, fortemente pesante, e poco affascinante.

Venendo alla Direzione nazionale di ieri c’è da dire che pochi, tra gli intervenuti, hanno parlato effettivamente dei problemi del Paese. Molti, tra gli intervenuti, hanno invece reso esasperante e , a tratti, noiosa e ripetitiva, buona parte della discussione in direzione.
Ovviamente Matteo Renzi nella sua introduzione  ha provato a mettere più carne al fuoco del previsto, e soprattutto ha rimarcato le narrazioni positive sull’andamento economico del Paese. Infatti proprio queste ultime due settimane, successive all’approvazione del Documento di Economia e Finanza da parte del Consiglio dei Ministri, hanno visto un duro confronto tra Bankaitalia, Upb , FMI e Governo.

Da una parte tre istituzioni terze rispetto al Governo e tecniche, dall’altra il Governo, che criticano le modalità di calcolo delle stime adottate dal Ministero dell’Economia e di Palazzo Chigi. Renzi sminuisce questo dibattito che ha occupato buona parte delle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali, dicendo che si tratta di un dibattito tra chi vede un PIL che aumenta dello 0.9% (FMI, Upb e Bankitalia) e chi vede un Pil che cresce dell’1% (Governo). Renzi dice che si litiga per uno 0,10% di differenza tra le due stime, pensando cosi di minimizzare la cosa, ma dietro c’è molto di più: 0,10% di PIL equivale a qualche miliardo di euro che può essere utilizzato per fare molte cose, per esempio riattivare gli investimenti pubblici e privati. Tema centrale per il nostro Paese, ma che con il referendum è passato completamente in secondo piano.

Le uniche due persone, che in questi giorni caratterizzati da grandi conflitti mediatici tra le differenti posizioni sul Referendum, hanno provato a dire che il tema centrale del Paese, comunque vada il Referendum, sia la ripresa degli investimenti sono state il Presidente della Repubblica Mattarella e il Presidente della Toscana Enrico Rossi. Ora si parla solo di Referendum, ma nel frattempo il Governo sta a Bruxelles a trattare maggiore flessibilità per la legge di Stabilità e sta facendo braccio di ferro con l’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) sulle stime del DEF. Entrambi, legge di Stabilità e DEF, strumenti fondamentali per l’economia del nostro Paese. Qualche giorno fa, proprio Enrico Rossi aveva scritto sul suo profilo Facebook:
“Io penso che oltre che del referendum costituzionale dovremmo occuparci di più e in modo serio di economia, disoccupazione, tenuta dei conti pubblici, ripresa degli investimenti e difesa dello stato sociale.
Come dire: con la riforma costituzionale non si mangia. Almeno per ora. E se continuiamo così chiunque vinca troverà il Paese in un mezzo disastro”.

E sentendo gli interventi di questa direzione a me sembra proprio che questo monito di Enrico Rossi sia più reale che mai. Ancora una volta abbiamo assistito a tatticismi e applausi da stadio. E mentre nella Direzione nazionale del primo partito di centrosinistra d’Italia si litiga e si fanno tatticismi e si continua a parlare di preferenze, collegi, soglie di sbarramento, riduzione dei costi della politica e del numero di parlamentari; mentre si fa questo nel resto d’Italia ci sono operai in esubero, piccole imprese che abbassano la saracinesca, sindaci minacciati da organizzazioni criminali mafiose, banche che bruciano milioni di euro di aiuti di stato, madri e padri di famiglia che non riescono ad arrivare a fine mese, giovani senza speranze e senza diritti.

Gli antichi romani dicevano: ” Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” (mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata).
La  Sagunto dei tempi moderni è la società in cui viviamo e che costantemente viene attaccata dal populismo e allo stesso tempo dall’individualismo più sfrenato. E mentre individualismi e populismi, aiutati dalla più profonda crisi economica che il nostro Paese abbia mai vissuto, provano ad espugnare la nostra società facendoci diventare sempre più cinici, indifferenti e allo stesso tempo disuguali gli uni dagli altri senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo, buona parte degli interventi alla Direzione nazionale del PD preferiscono continuare a parlare di quanto abbia sbagliato chi è venuto prima di loro o di quanto siano bravi a ridursi le poltrone da soli, piuttosto che costruire un’argine solido e robusto ai populismi e agli individualismi che attraversano il Paese.

Un’argine, che come dice Enrico Rossi in un recente appello a Matteo Renzi: “Dobbiamo combattere l’antipolitica con argomenti che esaltino la democrazia parlamentare senza demonizzarla. Dobbiamo parlare e parlare di lavoro e questione sociale, di rappresentanza e di bisogni, non solo proporci al mondo come la versione moderna di un “decisionismo” senza visione critica”, può essere costruito soltanto ritornando prima di tutto alla dialettica interna al partito e ad una narrazione più realistica del Paese. Certo è che dopo il non voto della minoranza nella Direzione di ieri ritornare alla dialettica interna, abbandonando lo scontro pesante di questi ultimi giorni, sembra una cosa molto complessa e improbabile nel breve termine.

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