RIO DE JANEIRO/BRAZIL, 14APR09 - Participants captured during the World Economic Forum on Latin America in Rio de Janeiro, Brazil, April 14, 2009.
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Frei Betto: un altro mondo è (ancora) possibile, fuori dal socialismo non c’è futuro

L’America Latina ha costituito per molti anni un laboratorio di riferimento per la politica e la sinistra italiana ed europea. Dopo il cambio di rotta in Argentina, la crisi del Brasile (tutt’ora in fervente evoluzione), le sommosse in Venezuela, il panorama oggi appare più confuso.
Ne abbiamo parlato con Frei Betto, uno dei padri della Teologia della Liberazione, politico brasiliano e leader dei movimenti sociali al margine di una conferenza, a Prato,  in dal titolo “Utopia e Giustizia” durante un ciclo di incontri tenuti in Italia.
E partiamo proprio da questo.

Cosa significa oggi parlare di utopia?

Mi piace molto parlare di utopia oggi qui in Europa. Si tratta di una parola che solo alcuni anni fa era considerata un concetto quasi proibito, e da molti un banale sinonimo di “fantasia”.
Penso, invece, che l’utopia sia qualcosa di importante della quale tutti, e soprattutto i giovani, abbiamo bisogno.
Credo, infatti, non sia possibile vivere senza sogni, senza progetti storici, senza obiettivi come quello di cambiare il mondo al quale aspiravano i giovani che avevano, come me, vent’anni negli anni sessanta.
La mia generazione ha vissuto e combattuto per grandi ideali e l’utopia era come una droga della quale eravamo dipendenti.
Oggi la cultura dominante sembra volerci imporre di vivere senza mete ai quali tendere.
Niente di più sbagliato.
La migliore definizione che conosco di utopia è quella che ha dato Eduardo Galeano, secondo cui l’utopia è come l’orizzonte: qualcosa che ci sembra vicino, ma che si allontana sempre di più quando camminiamo nella sua direzione.

L’utopia serve proprio a questo: a farci camminare verso i nostri obiettivi.

E’ vero: viviamo in una realtà contemporanea che appare sempre più vuota di valori, di ideali e di motivazioni. Viviamo in una società “globo-colonizzada” dal capitalismo neoliberale dove tutto ruota intorno all’appropriazione privata della ricchezza.
E dove, come è stato denunciato a Davos da Oxfam lo scorso gennaio, 62 persone, super ricche, possiedono metà della ricchezza mondiale: un patrimonio pari a quello di 3.6 miliardi di persone che è la metà della popolazione mondiale.
Per questo, come ha denunciato Piketty, che non è certamente un economista di sinistra o marxista, le disuguaglianze nel mondo diventeranno sempre più profonde e se non ci sarà una netta inversione di tendenza.
Nella società contemporanea i mezzi di comunicazione, che sono al servizio del mercato e del potere, hanno la forza di riuscire a far muovere le persone in uno stato che più essere paragonato a quello di un’”ipnosi collettiva” della quale sono solo parzialmente consapevoli.

Una riflessione su Papa Francesco. Vediamo nella sua figura una leadership e una speranza, anche per la sinistra. Cosa ne pensi?

Considero Papa Francesco il principale statista contemporaneo; una persona di una profonda sensibilità umana e mossa da un costante impegno per i poveri.
Questo è quello che la Teologia della Liberazione proclama come il proprio principio fondamentale.
E per noi, Teologi della Liberazione, Francesco è un fratello, un alleato, ha la stessa nostra ottica teologica.
Bergoglio è stato l’unico Papa della storia dell’umanità che ha tenuto tre incontri con leader dei movimenti sociali.
Edgar Morin, figura assolutamente lontana dalla religione, ha detto che non c’e’ uno scritto più importante nella storia dell’ecologia dell’enciclica “Laudato si” di Bergoglio.
E questo perché tutti i documenti, compresi quelli emersi dalla COP21 di Parigi, parlano degli effetti del degrado ambientale, mentre l’enciclica “Laudato si” non si limita all’osservazione a questo ma ne va a ricercare le cause.
Questa lettura costituisce il fattore rivoluzionario di questo messaggio del Papa che possiamo definire un “enciclica socio ambientale”.

Quindi dopo “non c’è pace senza giustizia” l’enciclica di Papa Francesco può introdurre il “non c’è giustizia senza ecologia ?”

Proprio così. E questo ci spinge a pensare ad un progetto eco-socialista.
In realtà considero che sia stato un errore della sinistra arrivare tardi ad occuparsi della questione ambientale, anche perché parlare di ecologia offre il vantaggio di riuscire a mobilitare tutte le classi sociali e di coinvolgere anche alle nuove generazioni.
La questione ambientale può, infatti, essere vista come uno strumento pedagogico e elemento di attrazione politica.
Oggi non ci sono questioni politiche che non abbiano anche un’implicazione ambientale, come non ci sono questioni ecologiche che non abbiano un risvolto politico, economico, sociale.
E’ assolutamente necessario, quindi, impedire che parlare di clima, ambiente, salvaguardia del pianeta sia ristretto ad una dimensione folklorica nella quale si combattono battaglie ideologiche di poca rilevanza. E’, invece, necessario che l’impegno sia focalizzato nel preservare la principale specie vivente minacciata di estinzione: l’essere umano.

La crisi del Brasile: quale futuro per il Paese e per l’America Latina?

Il Brasile oggi sta vivendo il terzo colpo di stato parlamentare avvenuto negli ultimi anni in America Latina. Il primo è stato in Honduras, il secondo in Paraguay, ora in Brasile.
E’ un golpe che ha trovato condizioni favorevoli nella fragilità e nelle contraddizioni che hanno caratterizzato il Partito dei Lavoratori (PT) del secondo mandato della presidente Dilma.
Dico che si è trattato di un golpe perché la Presidente Rousseff non ha commesso alcun crimine: l’impeachment è stato costruito sull’accusa di aver commesso “reati fiscali”.
Il governo ad interim presieduto da Michel Temer ha poco tempo per dimostrare di essere una proposta migliore del governo precedente, e non gli sarà facile. Il paese è immerso in una crisi economica, sono in corso molti scioperi e manifestazioni contro quanto accaduto e, a meno che Temer non faccia un miracolo, la Presidente Dilma tornerà al governo su richiesta popolare.
E’ quello che mi auguro, anche se tutti noi abbiamo dichiarato che il governo di Dilma è stato contraddittorio e che le accuse di corruzione di alcuni dirigenti del PT sono state reali e gravi.
Lo stesso partito dei lavoratori in Brasile ha bisogno di essere rifondato, di tornare alle proprie origini: essere un partito etico, promotore di profonde riforme strutturali e ad essere il partito delle classi più povere, cosa che purtroppo non ha fatto.

E quale futuro per la sinistra nel mondo?

Io penso che la sinistra avrà futuro solo se eviterà la captazione neoliberale.
L’unico antidoto per riuscire in questo intento è mettere in pratica quello che diceva Gramsci e, cioè, se essere capaci di stabilire un vincolo, una “connessione sentimentale” con il popolo, con le masse, con i semplici e, quindi, con i più poveri.
Non credo nella sinistra accademica, in quella intellettuale, né nella sinistra che vive solo di dispute politiche all’interno dei partiti.
L’errore più grande della sinistra brasiliana, oggi rappresentata dal Partito dei Lavoratori (PT), è stato di essersi allontanata dai più poveri e, quindi, non essere stata più capace di rappresentarli.
Considero invece che il PT avrebbe dovuto mettersi a servizio delle classi meno abbienti per farle diventare i nuovi protagonisti politici.
Credo che sia la grande sfida della sinistra di oggi, che per un Paese come il Brasile si potrebbe declinare con lo “stare dalla parte dei poveri”, mentre in un contesto come quello europeo, potrebbe significare stare dalla parte dei disoccupati, dei rifugiati, delle persone escluse dalla società per ragioni etiche, sessuali, culturali.
Penso che il futuro della sinistra sia questo.

E quale l’utopia contemporanea per la sinistra?

La sinistra deve aspirare al socialismo.
E questo vale ancora anche se il socialismo in Unione Sovietica ha fallito, per lo stesso principio per il quale siamo cristiani anche se la Chiesa ha vissuto la stagione dell’inquisizione.
Aspirare ad un altro mondo è ancora possibile e, nella mia opinione, fuori dal socialismo non c’è futuro.

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