
Giuseppe Ossorio: la cultura repubblicana nel mondo progressista
Giuseppe Ossorio, dottore commercialista, più volte deputato e vicino al grande meridionalista Francesco Compagna, fondatore della celebre rivista ‘’Nord e Sud’’. Repubblicano da sempre, oggi è punto di riferimento dei Repubblicani democratici di Napoli e della Campania. Guarda con simpatia e attenzione a Liberi e Uguali, soprattutto alla creazione di una nuova alleanza progressista che recuperi la lezione di Ugo La Malfa, autore della cosiddetta ‘Nota aggiuntiva’ che già negli anni ‘60 prefigurava un avanzato e moderno Stato sociale mai pienamente attuato.
Onorevole, quale può essere il ruolo della cultura repubblicana in un momento così difficile, forse drammatico, della vita politica del paese?
Credo possa essere molto utile, non voglio dire essenziale perché, da buon laico, mi nutro più di dubbi che di certezze. Ma certamente oggi recuperare alcuni valori del repubblicanesimo è fondamentale. In tutto il mondo occidentale ha spirato, in questi anni, un vento di destra che ha messo in seria difficoltà la sinistra riformista. Da un lato il neoliberismo, che non è tutto il liberalismo, dall’altro la destra sovranista che avanza minacciosa. Proprio per questo si avverte l’esigenza di riprendere l’iniziativa culturale e politica della sinistra. Senza riproporre, ovviamente, schemi del passato in maniera meccanica.
Cosa ha in mente nello specifico e perché ritiene che il repubblicanesimo, insieme al liberalismo democratico, possano partecipare alla fondazione di questa nuova sinistra?
Penso che si debba ripartire dalla grande questione del lavoro, naturalmente. Recuperare il senso che il lavoro, oltre a rappresentare una necessità da un punto di vista materiale, è anche un diritto di cittadinanza, perché è strumento di integrazione sociale. In questo senso va superato il concetto di lotta di classe. Per certi aspetti basterebbe attuare la Costituzione italiana, che concepisce il lavoro nella dimensione della sua utilità al progresso di tutta la società e non lo relega al mero orizzonte economico. In questo senso, per la nostra Carta, il lavoro si sottrae alla mercificazione che ne fa il neoliberismo.
Bene. Ma, sul piano più generale e, per usare un linguaggio classico, cosa ne è delle virtù repubblicane che già Machiavelli sognava prima ancora di Mazzini, e come pensa possano attualizzarsi, entrare a pieno titolo nel programma ideale di un nuovo raggruppamento di sinistra democratica come quello che si formerà dopo le elezioni del 4 marzo?
Penso, essenzialmente, alla grande questione dello Stato, alla ricostruzione istituzionale e politica di questo fondamentale concetto etico-politico. Oggi lo Stato è in grave crisi strutturale, come ho provato a scrivere in un mio volume sul regionalismo. Perché è eroso dal basso dalle richieste particolaristiche, e dall’alto dagli organismi sovranazionali, nel nostro caso dalla Ue. Anche per questo, forse, nel mondo, la destra rialza la bandiera del nazionalismo sovranista. ‘’Prima gli americani”, ‘’Prima gli italiani’’, e così via. Dobbiamo ridisegnare i compiti dello Stato, degli Enti locali e ricostruire, forse ripensare d’accapo, una statualità europea fondata sui valori della libertà, della democrazia, della giustizia sociale. Non possiamo lasciare al mercato il compito di guidare questo grande processo. Ecco perché penso e mi auguro che sia la sinistra a farsi interprete di questa necessità. E, in ciò, il contributo dei Repubblicani potrebbe essere essenziale.
Lei discende dalla tradizione del liberalismo meridionalista di Francesco Compagna e di Guido Cortese. In controtendenza, questi importanti esponenti della cultura e della politica italiana erano favorevoli all’intervento dello Stato per affrontare il tema dello sviluppo delle regioni meridionali. Un punto di vista non accolto dai cosiddetti neoliberisti ai quali si sono accodati nel tempo, paradossalmente, anche molti esponenti della sinistra riformista. Un po’ di confusione sotto il cielo…
Effettivamente tanta confusione. In realtà sono convinto che si debba rimanere fermi al punto di vista dei meridionalisti repubblicani e liberali. L’intervento del pubblico, in alcuni momenti e in alcuni casi, è necessario. Non bisogna impiccarsi alle formulette ma guardare in faccia alla realtà. In concreto, ad esempio, io proporrei la costituzione di un’agenzia per il Sud che possa organizzare e investire con intelligenza i finanziamenti europei con una logica integrata. Investimenti che, allo stato attuale, sono quasi sempre poco efficaci nella loro disarticolazione. La sinistra, come sembra, dopo la sbornia neoliberista, sembra tornare sui suoi passi. Non solo in Italia. Forse è questa la nuova fase che tutti dobbiamo cercare di interpretare. Anche se è solo all’inizio.