
I giovani, la democrazia e la politica, la grande sfida di Articolo UNO
“I giovani non amano la politica. Addirittura la disprezzano”.
E’ un’affermazione frequente che cerca in parte di giustificare l’assenza del mondo giovanile dalla militanza politica tradizionale. Un mondo vasto e variegato. Un mondo che, secondo molti, non è interessato alla gestione della cosa pubblica.
Personalmente non credo sia così. Penso non sia sufficiente trovare un alibi che giustifichi l’assenza di una fetta importante della nostra società per riportarla all’attivismo e alla militanza. Perchè i giovani seguono molto la politica, ma non seguono i partiti. E’ un dato di fatto. La praticano in varie forme a partire dall’associazionismo e più della Politica disprezzano la classe dirigente che guida i soggetti politici. Una repulsione verso volti, nomi e storie che percepiscono distanti, fuori dalla realtà. Come biasimarli!
Ma ammettere questa condizione è il primo passo per accorgersi del problema relativo alla selezione della classe dirigente. Una selezione deficitaria che esula da requisiti di merito e competenza e che porta ai più alti livelli di governo del Paese esponenti mediocri e ignoranti che mascherano i propri limiti con l’arroganza e il supporto di un buon ufficio comunicazione.
Una classe dirigente incapace di ascoltare messaggi e segnali che gli elettori hanno inviato in maniera chiarissima in più occasioni. Prendiamo il referendum sull’acqua del 2011. 27 milioni di cittadini hanno dichiarato in maniera inequivocabile “acqua pubblica”. Una classe politica sorda non è stata capace di dare seguito a quell’indicazione. Il naturale risultato non poteva che portare alla delusione, alla disaffezione e, alla fine, all’astensionismo.
Parte di questi sentimenti sono stati incanalati da Beppe Grillo e dal suo movimento, nato sulla spinta di parole come democrazia digitale, partecipazione, trasparenza. Abbiamo visto tutti come è finito. Un partito con un autoproclamato capo politico che, a suon di “fidatevi di me”, annulla il risultato di votazioni on-line per la scelta di un candidato sindaco imponendo un proprio fedelissimo. Un soggetto politico che spaccia per democrazia digitale dei meri sondaggi on-line evitando accuratamente dibattiti, analisi e sintesi, elementi imprescindibili per una seria e consapevole decisione finale. Un movimento che diffonde il messaggio dell’inutilità dei partiti e dei sindacati spingendo per un modello dominato da solitari “politici da tastiera”.
Il quadro politico complessivo vede un astensionismo intorno al 35% e i quattro principali partiti politici italiani (PD, FI, Lega Nord e M5S) nelle mani di “uomini soli al comando” circondati da “yes man” con un’evidente riduzione degli spazi di discussione, di confronto e di scontro.
Nel complesso, dunque, una degradazione della qualità della nostra democrazia.
Partecipazione, democrazia, trasparenza non sono parole da usare come arma elettorale. Costruire una narrazione capace di far immaginare una politica che coinvolga i territori, li renda partecipi dei processi decisionali e si faccia carico delle istanze degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati credo rappresenti la prima grande sfida di cui Articolo Uno – Movimento democratico e progressista dovrà farsi carico. Una sfida che dovrà giocarsi su un duplice terreno: da una parte quello dell’organizzazione interna, dall’altro quello dell’azione parlamentare e più in generale istituzionale.
La narrazione, tuttavia, rappresenta condizione necessaria ma non sufficiente per riottenere la fiducia popolare. Nel 2017 si può e si deve immaginare una strutture partitica che vada oltre i modelli tradizionali del ‘900. Integrando strumenti tradizionali e strumenti digitali è certamente possibile lavorare per ribaltare la tradizionale piramide decisionale che mette i territori e i militanti ai margini dei processi decisionali. Dare protagonismo alle decine, speriamo centinaia, di migliaia di donne e uomini che ogni giorno animano le sedi dei nascenti gruppi del neonato movimento non è utopia, ma il passo necessario per ricostruire una comunità, quella della sinistra, sfilacciata, divisa e incapace di credere in un’alternativa. Un passo che reputo addirittura propedeutico ai contenuti programmatici. Un passo indispensabile per mettere in rete esperienze, competenze e storie.
Perchè la diversità è la nostra più grande ricchezza e non valorizzarla sarebbe un errore imperdonabile.
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Alessandro Valenza
Siciliano di nascita e Toscano d'adozione, mi sono trasferito a Pisa nel 2001 per motivi di studio. Componente del coordinamento di Articolo Uno - MDP Pisa