Due le notizie che agitano i sonni di banchieri, risparmiatori e politici italiani. La prima, la rivelazione, ieri, del contenuto di una lettera riservata inviata al Monte dei Paschi da Danièle Nouy, Presidente del Consiglio di Vigilanza del SSM (meccanismo di vigilanza unico) insediato presso la Banca centrale europea, ma autonomo da essa. Sintesi del contenuto della nota: MPS provveda a vendere sul mercato entro un certo arco di tempo 10 dei 27 miliardi di sofferenze. La lettera, a quanto pare, non sarebbe neanche ultimativa. Si attende, infatti, una risposta interlocutoria e forse un piano di azione modificato da parte dell’Istituto senese.
La seconda notizia è che, a fine mese, saranno resi noti i risultati dei nuovi stress test dell’EBA, presieduta da Andrea Enria, ex dirigente della Banca d’Italia. L’EBA è nota tra gli addetti ai lavoro anche per la rigidità delle sue analisi e per scarsa considerazione delle conseguenze sui mercati delle stesse.
I fatti sono l’ennesimo crollo in borsa di MPS (-14% alla fine dell’ennesimo lunedì nero) e degli altri principali titoli bancari nostrani (-3,5% di Banca Intesa, -3,68% di Unicredit, -3,95 Banco Popolare e -6,12 di Bper). Tutti o quasi hanno toccato i nuovi minimi da 52 settimane.
In Germania, considerato dai mercati un Paese più risoluto di noi nell’intervenire in caso di necessità ed anche più dotato di mezzi finanziari, solo Deutsche Bank, sotto osservazione dalla Vigilanza statunitense per il forte rischio dei derivati, è sotto pressione e quota ai minimi rispetto ad un anno fa.
Il problema, nello specifico della lettera del SSM, non viene dall’elevato ammontare delle sofferenze del MPS, il che è risaputo, e neanche dalla valutazione delle sofferenze, abbastanza rigorosa. La Banca le tiene infatti a bilancio per il 39% di quanto erogato (le ha progressivamente svalutate negli anni accantonando cioè fondi pari al 61% delle stesse) il che è una valutazione generalmente considerata corretta e recuperabile nel tempo. Il problema vero è che, se la Banca è costretta a cederne sul mercato 10 miliardi lordi (3,9 miliardi netti) il prevedibile ricavo non potrà che essere la metà. Detta cessione provocherebbe quindi una perdita secca di circa due miliardi e la necessità di un nuovo aumento di capitale.
I motivi di una così grande differenza tra il valore al quale le banche italiane tengono a bilancio le loro sofferenze e quello di cessione è determinata essenzialmente dall’inesistenza di un mercato sviluppato dei crediti deteriorati e dall’elevatezza delle sofferenze da collocare (analoghe pressioni alla cessione verso altre banche, in primis gli oltre 9 miliardi delle 4 banche dell’Italia centrale, confluite nella “bad bank” specifica, costituita dopo la risoluzione). Pesa fortemente soprattutto l’asimmetria informativa tra la banca “cedente” che conosce analiticamente, posizione per posizione, il valore delle garanzie e le possibilità di recupero ed i pochi grandi investitori esteri che poco o nulla sanno delle situazione situazioni specifiche e che, mirando a guadagnarci sopra, sono naturalmente indotti ad acquistarli solo a quotazioni molto basse.
Siamo di fronte ad un classico esempio di stupidità della regolamentazione bancaria e dell’azione di Vigilanza; un eccesso di zelo che produce il risultato opposto a quello per il quale dovrebbe fondarsi l’azione di detti enti. Il risultato di peggiorare ulteriormente la situazione, il che richiederà risorse ancora maggiori di quelle necessarie per addivenire al risanamento. Ciò senza trascurare il possibile reato di turbativa di mercato e/o di aggiotaggio eventualmente commesso da chi, conoscendo il contenuto di una lettera così riservata, inviata a quanto pare nel giorni delle votazioni inglese per la Brexit, la ha divulgata causando un così tale disastro.
Carlo Maria Cipolla è mancato troppo presto al mondo. Il grande storico troverebbe oggi tanti nuovi argomenti per aggiornare il suo celeberrimo e sempre poco studiato saggio: “Le leggi fondamentali della stupidità umana”.
E’ come se ad un cavallo stanco perché ammalato di polmonite, invece di somministrare i farmaci necessari alla guarigione, lo si spronasse invece a correre più forte, ammazzandolo.
Allo stesso modo, l’azione dei regolatori europei e le richieste zelanti dell’autorità di Vigilanza Europea sembrano finalizzate non alla ripresa del sistema bancario, ammalato di tassi e rendimenti zero, di inflazione e crescita zero, di rendimento dei titoli sovrani zero, ma ad aggravarne la malattia, aiutando involontariamente, ovviamente animati da sani principi, la speculazione. L’unica che ci guadagna in questa situazione.
A fine mattinata per fortuna una dichiarazione razionale e di buon senso da Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di sorveglianza bancario della BCE: “Il sostegno pubblico alle banche” propriamente regolamentato e controllato è una componente fondamentale di un sistema bancario ben strutturato. Finalmente un raggio di luce. Domani potrà essere un giorno migliore.