Traduzione dell’articolo di Leilani Farha pubblicato sul Guardian con il titolo “Housing is a human rights issue – and 2018 must be the year to address it” (2 gennaio 2018).
Leilani Farha è la relatrice speciale per l’adeguatezza delle soluzioni abitative del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) e la direttrice generale dell’ONG Canada Without Poverty.
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Siamo a un punto critico. A livello globale, le condizioni abitative non sono mai state così critiche. La maggior parte dei governi – sia nazionali che locali – insistono sul privilegiare gli interessi dei pochi piuttosto che i bisogni dei tanti.
Il risultato è l’aumento delle persone senza casa e le morti che ne conseguono, mentre il numero di abitazioni vuote possedute da aziende e da investitori con un grosso patrimonio continua a crescere. I paesi ricchi danno gli esempi peggiori. L’anno scorso, negli Stati Uniti, in media più di 555.000 persone hanno dormito per strada. In una contea della Silicon Valley, dal 2011 al 2015 c’è stato un aumento del 164% nelle morti dei senzatetto, che sono passate da 50 a 135. A Toronto, la più grande città del Canada, nei primi nove mesi del 2017 sono morti 70 senzatetto, il numero più alto di sempre.
Intanto, le case degli investitori rimangono vuote: è stato calcolato che a Londra, nel 2016, ci fossero 20.000 case vuote, mentre in Australia sono circa 1 milione. Nella maggior parte delle città, la speculazione e la mercificazione immobiliare incontrollate stanno rendendo l’avere un alloggio insostenibile anche per la classe media e coloro che forniscono servizi essenziali, come infermieri o vigili del fuoco, non sono in grado di vivere nelle città in cui lavorano.
Non avendo alternative, più di 1 miliardo di persone nel mondo vive in alloggi informali, in accampamenti o per strada, senza una dimora sicura o servizi basilari.
La cosa più disturbante di tutte è che queste situazioni sembrano essere state accettate come una cosa immutabile dell’ordine socioeconomico mondiale.
Ma […] due anni fa, i governi mondiali hanno riconosciuto queste condizioni come insostenibili […] e si sono impegnati per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che sono “inequivocabilmente ancorati ai diritti umani”. Questo include assicurare a tutti, entro il 2030, l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri e a buon mercato. Per necessità, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile catapultano la questione abitativa sotto i riflettori.
Per rispettare questo impegno ambizioso, i governi dovranno pensare a delle soluzioni abitative basate sui diritti umani. Alla luce della dimensione globale e della profondità del problema delle persone senza tetto, dell’inadeguatezza delle soluzioni abitative adottate finora e della radice di questi problemi nel fallimento dei governi nel regolare la finanziarizzazione del settore immobiliare, non è più accettabile che i governi trattino queste realtà come meri fallimenti di politiche e programmi.
Il problema delle persone senzatetto e l’inadeguatezza delle soluzioni abitative sono violazioni dei diritti umani – e necessitano una risposta appropriata.
[…] Le soluzioni abitative devono avere come ambizione il cambiamento strutturale. Devono puntare a trasformare le società in cui le politiche economiche e i sistemi abitativi causano e alimentano le disuguaglianze e l’esclusione in società in cui le politiche abitative equivalgono ad assicurare sicurezza sociale e inclusione.
[…] Per avere successo […] queste strategie devono cambiare il modo in cui i governi, a tutti i livelli, interagiscono con coloro che sono senzatetto o vivono in alloggi non adeguati. Invece di vederli come beneficiari, soggetti a cui fare la carità o, peggio, come criminali, devono invece riconoscere queste persone senzatetto come persone che hanno anche dei diritti – e sono cittadini attivi che dovrebbero essere coinvolti nelle decisioni che influiscono sulle loro vite. Questo assicurerebbe che le strategie rispondano alle esperienze e alle necessità delle persone.
Queste strategie devono anche trasformare la relazione fra i governi e il settore finanziario. Poiché molti governi fanno ampiamente affidamento sul settore privato per dare risposta ai bisogni abitativi, qualsiasi soluzione deve avere come obiettivo principale l’implementazione dei diritti umani piuttosto che gli investimenti abitativi e sul settore dei beni immobiliari residenziali, e che la funzione sociale delle soluzioni abitative non sia mai un dovere accessorio o dimenticato. […]
Inizia un nuovo anno e abbiamo due scelte: essere soddisfatti della situazione attuale e permettere alle nostre città di diventare l’area giochi dei ricchi, mentre tutti gli altri vengono cacciati dalle proprie case a colpi di aumento dei prezzi; oppure riconoscere che c’è un urgente bisogno di fare qualcosa e dichiarare che il 2018 è l’anno del diritto alla casa, e così gli anni successivi, finché i governi non verranno ritenuti responsabili, le città diventeranno più inclusive e le case accessibili, sicure e a buon mercato.
Io scelgo la seconda opzione.
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(Foto: Garry Knight/cc/Flickr)