La candidata dorme troppo poco. Questo è il primo dato ed è la prova provata che se una campagna elettorale può essere sfiancante per un uomo, per una donna lo è ancor di più.
E, mentre sei ad un convegno a Milano, l’amica della tua dodicenne ti chiama per chiederti a che ora le porterai alla festa, e mentre tu cerchi di uscire dalla sala senza farti notare troppo, ti stai chiedendo di quale festa stia parlando, poi ti viene in mente, fulminea e luciferina, l’idea che il marito ti aveva garantito che le avrebbe portate, a quella festa cui è impossibile mancare.
Nel frattempo torni a casa pensando con nostalgia a tutte quelle volte in cui hai pensato che i tacchi fossero una forma di schiavitù del patriarcato, perché lo sono, ma vi hai ceduto, ché la tua altezza è proprio una roba che non ti va giù, la novenne cade aprendosi il mento per la quarta volta, mentre il seienne sparge coriandoli per tutta la casa, perché è raffreddadizzimo e non può celebrare degnamente il carnevale all’esterno mentre tu, faticosamente, cerchi di organizzare l’ennesimo incontro e la sesta iniziativa, senza dimenticare il comunicato stampa, sommersa dai coriandoli di cui figlio generosamente ti ricopre urlante e festoso.

Di questa campagna elettorale ricorderò le difficoltà nel tenere tutto insieme, il freddo, il desiderio di ascoltare e parlare, il voler far sentire protagonisti tutte e tutti quelli che si avvicinano e che mi fanno pensare che il collettivo esista ancora.
In queste settimane mi hanno scritto diverse persone per comunicarmi che ci avrebbero dato una mano, e questa è la ricchezza più grande. Ai banchetti distribuiamo il materiale informativo, spieghiamo quale pensiamo debba essere il Paese, cerchiamo di convincere chi sta passeggiando che qualsiasi scelta, anche quella di non scegliere o di dimostrarsi disgustati, è un atto politico legittimo, ma pur sempre un atto politico.

Il Paese che vogliamo: inclusivo, uguale e libero. Un Paese che cerchi costantemente di rimuovere le fragilità che rendono le persone diseguali, riguardino esse gli studenti, i migranti, le persone diversamente abili, i bambini, gli anziani.
Nessuno negli anni ha attuato serie politiche per quei giovani che desiderano costruire il loro futuro, con un lavoro retribuito dignitosamente, dei figli, un ambiente sano in cui vivere.
Sono sogni che sembrano irrealizzabili ai più, oggi. Viviamo in un Paese bellissimo, in cui la maggior parte di noi fatica troppo, mi spaventano i dati Istat che ci descrivono poco felici, noi, che siamo il popolo dei poeti, degli artisti, dei creativi, degli artigiani, dei cantori e dei comici. Eppure riconosco nei volti stanchi delle persone quella paura del futuro, per sé e per i propri figli, ascolto le donne che non riescono a fare altro che correre tra un lavoro e l’altro e occuparsi della casa e dei figli, o dei nipoti quando diventano nonne.

Investire di più e meglio in politiche per il lavoro, per la ricerca e l’istruzione, che renda il nostro Paese competitivo quanto merita, in politiche per le famiglie, che diano maggiori opportunità alle donne di poter lavorare fuori casa, con il sostegno che meritano. Occuparsi maggiormente della salubrità dell’aria, trasformando la mobilità sostenibile in un obiettivo cui tendere, costruendo spazi di verde urbani in cui le persone possano incontrarsi. Rendere le periferie posti più belli e accoglienti, illuminati e con il verde a disposizione, con progetti che prevedano la riqualificazione di tutti gli spazi.
Incentivare l’autonomia dei giovani, delle persone con disabilità, degli anziani, creando spazi che siano a misura di tutte e tutti, che se una città è a misura di diversamente abile, è una città bella per tutti.

Queste le cose su cui ci si confronta, anche se non sempre si riceve ascolto, a volte qualcuno si avvicina per polemizzare ed io lo accolgo comunque con un sorriso. Ogni opinione è legittima, e ritengo che la rabbia sia comprensibile.
L’importante è sapere che un Paese ha bisogno dell’attenzione attiva delle sue cittadine e dei suoi cittadini e che un Paese in cui i suoi cittadini abdicano a qualsiasi ruolo di reale controllo e di reale gestione, è un Paese moribondo.
Io vorrei che i miei bambini potessero restare qui, se lo desiderano, mi piacerebbe abitassero un luogo in cui possano avere a disposizione una buona istruzione o un lavoro se non desiderano studiare, sapendo che questo può essere un Paese accogliente per chi, da altre parti, non ha le loro stesse possibilità.
Cerco faticosamente di scrivere quel che penso e come lo vivo, ora è tempo di uscire per l’ennesimo impegno, ma che grande privilegio, incontrare persone e costruire relazioni umane.
Soprattutto questo, mi porterò di questa campagna elettorale, insieme alla montagna di piatti da lavare, che costante mi osserva dalla cucina.

Nella foto di copertina: Roberta Morosini, candidata di Liberi e Uguali  nel collegio plurinominale Lombardia 4-01 (province di Lodi, Pavia e sud Milano)

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