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La nuova strada del Pd: basta poco, ribaltarlo ideologicamente

Nelle ultime settimane innumerevoli “leader” nazionali e locali del Partito Democratico discutono e spiegano come dovremmo uscire dalla crisi della Sinistra e del Partito Democratico. Quattro le strade su cui ci si è incamminati. La prima è di chi dice che bisogna andare subito a votare (sono i renziani della prima ora); la seconda di chi vorrebbe calmare le acque e ricostruire un’alleanza attorno a Renzi (i renziani della seconda ora);  poi c’è la strada indicata dalla sinistra di Bersani e Speranza che ha guidato il Partito Democratico per 4 anni e adesso vorrebbe spiegare come si fa, quali sono i problemi e come uscirne. Ricordo ancora quando in Puglia, nel 2010, i militanti si ribellarono alla decisione di Bersani e D’Alema di “aprire al centro” mettendo in discussione l’ottima esperienza di governo (troppo di sinistra) di Vendola. Ricordo a chi ha la memoria corta che Bersani si era candidato a riformare il PD, a modificarne lo statuto e a cambiare il paese. Invece il paese purtroppo non l’ha cambiato, ma lo statuto si, unicamente per far candidare Matteo Renzi a segretario del PD, con una deroga. Poi ci sono, la quarta strada, quelli della terra di mezzo che navigano nel “grande mare aperto” del Partito Democratico, tentando di captare l’opzione migliore in vista del congresso, che hanno timore ad esporsi troppo presto e con coraggio, limitandosi a dire “parliamo di idee e non di persone” e dimenticando (o non avendo il coraggio) di dire quali idee precisamente hanno, per il PD e per il paese.

Per uscire da questo pantano ideale e valoriale in cui si è inserito il PD dopo tre anni di guida targata Renzi e Leopolda bisogna tornare a discutere a carte scoperte, all’interno del mare aperto della sinistra del PD, di una riforma delle regole del congresso e del partito e portando la proposta in direzione e all’attenzione dei militanti (ricordo che esistono i referendum interni). Proporre, ad esempio, un doppio turno alle primarie per il congresso sarebbe un crimine verso l’umanità o una concreta proposta per uscire dal blocco e dalle divisioni di corrente in cui ci siamo irrimediabilmente inseriti?
E se non si ottiene il doppio turno, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di provare ad unire, lanciano una grande assemblea per ripartire e proporre mini-elezioni interne per scegliere il candidato della minoranza. Questa è un’evidente provocazione, derivante dal fatto che, forse, bisognerebbe iniziare a parlar meno e operare di più, iniziare a mettere sul piatto le proprie idee e capire umilmente quando, per il bene di una comunità e di un paese, bisogna fare un passo indietro non pensando unicamente alla propria individualità e al proprio futuro.

E allora qualcuno lanci questa provocazione, dica che è pronto (una volta tanto) a mettersi in discussione con quello che pensa, con un gruppo dirigente chiaro, con proposte forti e limpide, tentando di non mediare a monte la propria proposta politica ma portandola alla consultazione interna in maniera forte e chiara (almeno fino a quel punto sarà pur possibile evitare mediazioni?).
Sbaglia chi pensa che i paletti entro cui discutere e ricostruire una proposta politica di alternativa a Renzi sia il grado di odio nei confronti dell’attuale segretario del partito o il voto al referendum del 4 dicembre. Quel voto ha innumerevoli ragioni alle sue spalle, ed è allucinante pensare che la ricostruzione di una narrazione e un sogno di una sinistra di governo collegata sentimentalmente con il popolo (che non succede da anni) debba avere il suo atto fondativo nel chiarimento fratricida tra chi ha votato Si e chi No al Referendum.

Ad oggi di alternative in campo ce ne sono molte, c’è Matteo Renzi che propone di andare avanti sulla sua linea di governo e riabilitarla (giusta o sbagliata che sia) e c’è Enrico Rossi che propone di ribaltarla ideologicamente, cambiando prospettiva, parole chiave e punto di vista dal quale guardare il mondo per cambiarlo in direzione di una “Rivoluzione socialista”. Ed infine ci sono gli altri, Emiliano che si candida perché è Emiliano (probabilmente un Renzi con un nome diverso e un po più di sinistra) e Speranza che si candida perché bisogna mantenere vivo quel gruppo dirigente arroccato da anni.

I cittadini, e soprattutto i militanti appassionati e fin troppo umiliati di questo partito, hanno bisogno di un politico che parli dei problemi quotidiani che vivono.
Non credo ci si debba soffermare e piegare all’idea (suffragata dal sondaggio di ieri di Ilvo Diamanti) che ci salverà l’uomo forte solo con la bacchetta magica, ci sarà invece bisogno di una nuova classe dirigente, il cui leader dovrà farsi percepire più come l’allenatore di una squadra che come il capitano, il fantasista a cui dare il pallone e risolvere una partita compromessa.
Per fare questo non dovremo solo guardare al futuro ma anche studiare il presente, dovremo capire che sta cambiando tutto. Dobbiamo, infatti, comprendere con attenzione quali siano le sfide dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca e i relativi riflessi sul fronte del nuovo assetto geopolitico in via di definizione, che strada riuscirà a intraprendere la Gran Bretagna, come si porrà la Russia nei confronti dell’Europa e se la Cina assumerà ufficialmente il ruolo di guida politica internazionale, oltre che economica. È infatti paradossale che mentre si cerca di individuare nuove strade per scrivere gli assi portanti della globalizzazione, ora a difesa dell’economia di mercato si schieri la Cina, mentre Trump si fa interprete di una linea protezionistica. E noi come ci poniamo?

Dall’America di Trump all’Italia, passando per la Brexit, la Grexit e i problemi di governance europea, analizzando i continui legami tra politica ed economia. Tutto è collegato, tutto è governabile se si ha una visione di come sarà il mondo tra 20 anni, tutto è risolvibile se l’approccio cambia e si ribaltano le priorità. Il dato di fatto è che il mondo sta cambiando e bisogna studiare e immaginare come poter governare il cambiamento.

Un detto a cui spesso mi appello dice che “chi corre da solo corre più velocemente, chi corre insieme va lontano”; mi auguro che si capisca la portata di tali cambiamenti e si intuisca che solo assieme ci si salva e si riabilita il sogno di un paese migliore, solo così potremmo andare lontano e dare le famose risposte a quella maggioranza silenziosa che oggi, avendo le dovute ragioni, si sta ribellando.

Questo è quello di cui gli aspiranti leader del PD dovrebbero parlare e approfondire, di li poi si comprenderanno quali saranno le nostre priorità e i nostri valori contestualizzati nel nuovo corso della storia. I problemi comuni della gente, dal lavoro che manca alla povertà fino alla mancanza di speranza nel futuro, invece non sono da ricercare e da approfondire, sono molto chiari e visibili, sono da risolvere con quel bagaglio culturale e valoriale ancora da costruire.
Mi auguro che ci sia più coraggio e più chiarezza. Basta questo forse per risultare rivoluzionari. Basta poco.

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