Sebbene sia soltanto un’elezione regionale, il voto per il Parlamento (Landtag) bavarese ha suscitato grande interesse ben oltre i confini tedeschi. Ciò è senz’altro dovuto all’importanza strategica della Baviera come motore economico della Mitteleuropa, ma non solo. Il voto bavarese mostra un’inversione di tendenza rispetto a quella che il nazionalpopulista olandese Geert Wilders ha definito due anni fa l’ “ondata nazionalista” destinata a travolgere l’Europa.
Se c’è, infatti, un dato rilevante che emerge dall’elezione bavarese è che l’ascesa dei populisti è – per citare Brecht – resistibile. Sì, è vero: l’ “Alternativa per la Germania” (AfD) entra per la prima volta nel Parlamento bavarese. Lo fa tuttavia con un magro 10,2 per cento – molto al di sotto delle aspettative. L’unico a non aver preso atto di questo è il leader della Lega Matteo Salvini che su Twitter si congratula con gli “amici” dell’AfD per la “vittoria del cambiamento”.
Una vittoria del cambiamento c’è senz’altro stata, ma non è sicuramente quella che intende Salvini. L’analisi del voto mostra chiaramente che non vi è stato alcuno slittamento a destra. La Baviera – una regione tradizionalmente conservatrice, cattolica e imbevuta di patriottismo localista – ha premiato al contrario la democrazia liberale.
Il cambiamento più radicale ha afflitto il Partito che da 60 anni regge le sorti della regione: l’ “Unione Cristianosociale”. Il Partito del collega di Salvini, Horst Seehofer, ha indubbiamente preso una sonora batosta, perdendo in un colpo più di dieci punti percentuali rispetto all’ultima elezione.
Sorprendentemente, però, i voti degli elettori cristianosociali non sono andati se non in minima parte all’ AfD: se è vero che 160.000 bavaresi hanno abbandonato la sicurezza del monopartito per rifugiarsi tra le braccia dei populisti, è anche vero che 220.000 elettori della CSU hanno optato per i liberalconservatori dello schieramento “Liberi Elettori”. Ancora più significativo: 190.000 cristianosociali hanno votato per uno schieramento di sinistra liberale come i Verdi.
Sul perché la CSU abbia subito il peggior risultato della sua storia vige tra gli osservatori una pressoché totale unanimità: nel tentativo di recuperare il voto degli elettori più conservatori i “Cristianosociali” hanno progressivamente spostato l’asse del Partito verso destra, irritando in questo modo gli elettori moderati. Due fattori hanno pesato particolarmente sul risultato delle elezioni: da un lato il fatto che alcuni politici eccellenti nelle fila delle CSU abbiano riciclato slogan elettorali dell’AfD, dall’altro i continui battibecchi tra il ministro Seehofer e la Cancelleria sul tema dei richiedenti asilo.
L’altro grande sconfitto dell’elezione bavarese sono i socialdemocratici (SPD), degradati al ruolo di quarta forza politica della regione. Anche in questo caso gli osservatori rilevano una sostanziale incapacità del Partito di proporre narrazioni alternative a quelle propugnate dai populisti.
Il vero volto del cambiamento in Baviera sono però i Verdi. Anche se una loro partecipazione al governo della regione è già esclusa, con la loro attenzione ai temi ambientali, l’approccio pragmatico alla questione immigrazione e la loro passione per la politica locale, i Verdi rappresentano attualmente una nuova, democratica alternativa per la Germania.
La resistibile ascesa dei populisti
Sebbene sia soltanto un’elezione regionale, il voto per il Parlamento (Landtag) bavarese ha suscitato grande interesse ben oltre i confini tedeschi. Ciò è senz’altro dovuto all’importanza strategica della Baviera come motore economico della Mitteleuropa, ma non solo. Il voto bavarese mostra un’inversione di tendenza rispetto a quella che il nazionalpopulista olandese Geert Wilders ha definito due anni fa l’ “ondata nazionalista” destinata a travolgere l’Europa.
Se c’è, infatti, un dato rilevante che emerge dall’elezione bavarese è che l’ascesa dei populisti è – per citare Brecht – resistibile. Sì, è vero: l’ “Alternativa per la Germania” (AfD) entra per la prima volta nel Parlamento bavarese. Lo fa tuttavia con un magro 10,2 per cento – molto al di sotto delle aspettative. L’unico a non aver preso atto di questo è il leader della Lega Matteo Salvini che su Twitter si congratula con gli “amici” dell’AfD per la “vittoria del cambiamento”.
Una vittoria del cambiamento c’è senz’altro stata, ma non è sicuramente quella che intende Salvini. L’analisi del voto mostra chiaramente che non vi è stato alcuno slittamento a destra. La Baviera – una regione tradizionalmente conservatrice, cattolica e imbevuta di patriottismo localista – ha premiato al contrario la democrazia liberale.
Il cambiamento più radicale ha afflitto il Partito che da 60 anni regge le sorti della regione: l’ “Unione Cristianosociale”. Il Partito del collega di Salvini, Horst Seehofer, ha indubbiamente preso una sonora batosta, perdendo in un colpo più di dieci punti percentuali rispetto all’ultima elezione.
Sorprendentemente, però, i voti degli elettori cristianosociali non sono andati se non in minima parte all’ AfD: se è vero che 160.000 bavaresi hanno abbandonato la sicurezza del monopartito per rifugiarsi tra le braccia dei populisti, è anche vero che 220.000 elettori della CSU hanno optato per i liberalconservatori dello schieramento “Liberi Elettori”. Ancora più significativo: 190.000 cristianosociali hanno votato per uno schieramento di sinistra liberale come i Verdi.
Sul perché la CSU abbia subito il peggior risultato della sua storia vige tra gli osservatori una pressoché totale unanimità: nel tentativo di recuperare il voto degli elettori più conservatori i “Cristianosociali” hanno progressivamente spostato l’asse del Partito verso destra, irritando in questo modo gli elettori moderati. Due fattori hanno pesato particolarmente sul risultato delle elezioni: da un lato il fatto che alcuni politici eccellenti nelle fila delle CSU abbiano riciclato slogan elettorali dell’AfD, dall’altro i continui battibecchi tra il ministro Seehofer e la Cancelleria sul tema dei richiedenti asilo.
L’altro grande sconfitto dell’elezione bavarese sono i socialdemocratici (SPD), degradati al ruolo di quarta forza politica della regione. Anche in questo caso gli osservatori rilevano una sostanziale incapacità del Partito di proporre narrazioni alternative a quelle propugnate dai populisti.
Il vero volto del cambiamento in Baviera sono però i Verdi. Anche se una loro partecipazione al governo della regione è già esclusa, con la loro attenzione ai temi ambientali, l’approccio pragmatico alla questione immigrazione e la loro passione per la politica locale, i Verdi rappresentano attualmente una nuova, democratica alternativa per la Germania.
[Sulle ragioni della vittoria dei Verdi ho scritto più diffusamente qui: http://www.largine.it/index.php/verde-speranza/]
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Foto in evidenza: Katharina Schulze, la leader dei Verdi bavaresi
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Fabio Ghelli
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