Bisogna essere chiari: il problema non è Micari, che potrebbe essere un candidato accettabile per la Presidenza della Regione Sicilia, ma l’alleanza che lo sostiene. Quella con Alfano è un’operazione indecorosa: non solo perché l’attuale (purtroppo) Ministro degli Esteri (una nullità politica) si accompagna con alcune figure poco chiare (come Giuseppe Castiglione ed altra “bella gente” come lui, molti ex-sodàli di Lombardo e Cuffaro), ma anche perché Alfano è un uomo che si è ripetutamente dichiarato di destra, che si è sempre richiamato a valori di destra, che ha fondato un partito (che recentemente, per convenienza, ha cambiato nome in Alleanza Popolare) che si chiamava, con estrema chiarezza, Nuovo Centro Destra.
L’obiezione che si sente spesso fare da renziani e simili – che adesso il Pd, ed anche chi ci stava fino a poco tempo fa (anche gli ex di Mdp), stia al Governo con lui da quasi cinque anni – si commenta da sola: un centro-sinistra degno del nome deve proprio dire che adesso e per il futuro basta, la strategia delle alleanze è giusta ma deve selezionare le compagnie, puntare anche alla società civile e rifiutare, finalmente, le commistioni con chi – legittimamente, da parte sua – dichiara di nutrire idee opposte a quelle di un centro-sinistra pur ampio ed aperto a forze di ispirazione non di sinistra, purché sulla base di programmi e di valori che non neghino quelli dalla sinistra condivisibili.
Non ha alcun senso parlare, come si deve, di “discontinuità” e, poi, continuare con la politica e con gli alleati che hanno segnato tutti questi anni, durante i quali una gran parte degli elettori di centro-sinistra si è allontanata dalle forze (in primis il Pd) che dicono di volerlo rappresentare ma poi sono disposte ad allearsi con chiunque pur di conquistare o di mantenere il potere: puntare a vincere si deve, ma armati di idee che si condividono.

L’operazione-Sicilia messa in atto dal Pd a conduzione renziana, benedetta adesso anche da Crocetta – un altro aspetto della “continuità” che a parole si rifiuta ma nei fatti si pratica – sulla base di accordi che assicurano all’ex “governatore” un futuro politico (lo si vedrà chiaramente a breve), non ha niente, assolutamente niente, della “discontinuità” che è condizione necessaria per cercare di riconquistare il popolo dell’astensione: che Pisapia si contraddica così apertamente nell’aderire, se lo farà, ad un “pateracchio” come quello siciliano è un problema anzitutto suo, che con molta probabilità renderà impossibile la creazione di un soggetto di centro-sinistra da lui capeggiato. D’altra parte, non si può essere – non si deve esserlo – “continuisti” in Sicilia e (ammesso che veramente lo si voglia essere) “discontinuisti” in Italia. Questo forse non gioverà alle sorti elettorali di Mdp (o almeno, qualcuno questo teme): ma non è detto, perché molti ad un centro-sinistra “alla Pisapia“, che (se lo farà) fa alleanze con un Pd alleato con la destra, non darebbero il loro consenso.
E’ ora che si faccia chiarezza, di dire senza veli e senza politicherie di pessima lega che cosa si vuole fare e con chi si vuole andare, e quali sono le condizioni irrinunciabili per fare programmi comuni. Hic Rhodus hic salta, dicevano i nostri padri: bisogna dare dimostrazione di ciò che si dice. Sennò, poi, non si vince nemmeno.
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Nella foto di copertina: Palazzo d’Orleans, sede della Regione Sicilia