Durante la trasmissione di “Di Martedi” del 21 Novembre – ormai è noto a tutti -, Eugenio Scalfari rispose, ad una domanda specifica di Giovanni Floris, che se avesse dovuto scegliere fra Berlusconi e Di Maio avrebbe votato, benché “a malincuore“, per il primo. Ondata di sbigottite polemiche. Politici ed intellettuali hanno preso le distanze dal fondatore di Repubblica: compresi molti giornalisti o collaboratori, attuali o passati, del giornale. L’anziano giornalista ha provato, su Repubblica del 24 Novembre, a “chiarire” il suo pensiero ed il senso della sua (veramente sbalorditiva) affermazione, con un articolo intitolato “L’inganno sul mio voto a Berlusconi“: ne è risultato un contradditorio farfugliamento che si può giudicare leggendo quell’intervento, che forse ha addirittura peggiorato le cose (ha scritto che ai suoi occhi «sia Di Maio che Berlusconi sono dei populisti, ma il populismo del secondo ha perlomeno una sua sostanza» – come se quella “sostanza” potesse rendere accettabili, perfino come presunto “male minore“, le cose che il signore di Arcore ha compiuto nella sua vita politica ed istituzionale, e potesse far dimenticare i guasti economici ed anche morali che ha apportato all’Italia). La dichiarazione di Scalfari ha indotto addirittura il Consiglio di Presidenza di “Libertà e Giustizia” – loro che hanno “per tanti anni condiviso con il Gruppo Espresso-Repubblica battaglie e convinzioni” – a dissociarsene e ad esprimere pubblicamente, con una “Lettera aperta” (http://www.libertaegiustizia.it/2017/11/24/lettera-aperta-a-eugenio-scalfari/), la propria avversione, nonché la delusione, per una così incauta ed incredibile presa di posizione.
Una nota personale: quello di Scalfari non è, a mio parere, un infortunio, se non nel senso di aver rivelato, non volutamente forse, lo stato attuale del suo pensiero politico: lo si può, perciò, definire una “voce dal sen fuggita“. Che, a rifletterci, fa anche capire la ragione delle molteplici prese di posizione a favore di Renzi – benché ogni tanto intervallate da qualche “strigliatina” – che l’ex direttore/fondatore di Repubblica ha espresso negli ultimi anni, per l’affinità che, per molti versi, lega i due personaggi.
La “voce dal sen fuggita” di Scalfari
Durante la trasmissione di “Di Martedi” del 21 Novembre – ormai è noto a tutti -, Eugenio Scalfari rispose, ad una domanda specifica di Giovanni Floris, che se avesse dovuto scegliere fra Berlusconi e Di Maio avrebbe votato, benché “a malincuore“, per il primo. Ondata di sbigottite polemiche. Politici ed intellettuali hanno preso le distanze dal fondatore di Repubblica: compresi molti giornalisti o collaboratori, attuali o passati, del giornale. L’anziano giornalista ha provato, su Repubblica del 24 Novembre, a “chiarire” il suo pensiero ed il senso della sua (veramente sbalorditiva) affermazione, con un articolo intitolato “L’inganno sul mio voto a Berlusconi“: ne è risultato un contradditorio farfugliamento che si può giudicare leggendo quell’intervento, che forse ha addirittura peggiorato le cose (ha scritto che ai suoi occhi «sia Di Maio che Berlusconi sono dei populisti, ma il populismo del secondo ha perlomeno una sua sostanza» – come se quella “sostanza” potesse rendere accettabili, perfino come presunto “male minore“, le cose che il signore di Arcore ha compiuto nella sua vita politica ed istituzionale, e potesse far dimenticare i guasti economici ed anche morali che ha apportato all’Italia). La dichiarazione di Scalfari ha indotto addirittura il Consiglio di Presidenza di “Libertà e Giustizia” – loro che hanno “per tanti anni condiviso con il Gruppo Espresso-Repubblica battaglie e convinzioni” – a dissociarsene e ad esprimere pubblicamente, con una “Lettera aperta” (http://www.libertaegiustizia.it/2017/11/24/lettera-aperta-a-eugenio-scalfari/), la propria avversione, nonché la delusione, per una così incauta ed incredibile presa di posizione.
Una nota personale: quello di Scalfari non è, a mio parere, un infortunio, se non nel senso di aver rivelato, non volutamente forse, lo stato attuale del suo pensiero politico: lo si può, perciò, definire una “voce dal sen fuggita“. Che, a rifletterci, fa anche capire la ragione delle molteplici prese di posizione a favore di Renzi – benché ogni tanto intervallate da qualche “strigliatina” – che l’ex direttore/fondatore di Repubblica ha espresso negli ultimi anni, per l’affinità che, per molti versi, lega i due personaggi.
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Franco Bianco
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