Nella foto: Enrico Rossi

L’aggressione a Enrico Rossi fa riflettere

L’aggressione a Enrico Rossi fa riflettere. L’aggressore è un violento, forse un pazzo, forse uno che pensa di aver ragioni da esprimere in modo estremo, sicuramente è un figlio di questo tempo. L’aggredito è anche lui figlio di questo tempo, ma un figlio per ora fuori moda, perché è mite, tranquillo, operoso, capace di ascolto. Se ci pensate una vittima predestinata. Solitamente gli aggressori non vanno incontro ai simili. Ricordate: “superior stabat lupus”.
Al di là delle motivazioni dell’aggressore che per il modo in sono state espresse sono, secondo il mio metro di giudizio, irrilevanti, resta la domanda di fondo: perché in quel modo? Perché oltre il gesto violento si è voluta aggiungere l’infamia del letame?

I MALI OSCURI DEL NOSTRO TEMPO – Le risposte sono tutte inquietanti e rimandano ai mali non più oscuri del nostro tempo. Il nostro è un tempo di violenza. Parlo del nostro tempo, non di quello in cui ci vogliono far calare terroristi organizzati o lupi solitari (ma esistono?) dell’islamismo radicale. Il nostro tempo, da gran tempo, non è casuale la reiterazione di questa parola, è una stagione di violenza verbale che incita ad altre violenze.
L’Italia ha passato gli anni del terrorismo e del partito armato. Rossi e neri contro la nostra Repubblica. Lo Stato li ha battuti e li ha battuti perché c’eravamo noi, cittadini consapevoli e c’erano grandi partiti civili che erano predicatori di battaglie ma di convivenza soprattutto.

UNA REPUBBLICA DI INCENDIARI – La Seconda repubblica si è, invece, affollata da incendiari. Non discuto i programmi né i progetti, persino quelli più detestabili come la dissoluzione del paese. Porto alla ribalta il linguaggio. D’improvviso e in un crescendo da film dell’orrore le parole sono divenute via via più pesanti, è comparso il nemico mentre scompariva l’avversario.
Al centro non c’era la polemica anche dura (Pajetta chiamava i dc “forchettoni”, per via di primi segni di clientelismo), ma l’annichilimento dell’avversario che era ed è descritto come figura non umana, da mettere ai margini, da mandare “affanculo” (novità culturale portata da Beppe Grillo) soprattutto da tacitare. Ecco il tema: urla per produrre silenzio e abdicazione. Contro questa violenza non c’è stato lo stesso scatto democratico che si è avuto contro la violenza non verbale. Eppure queste parole erano, e sono, armi improprie in sé, ma soprattutto preparano la società ad un clima di guerra civile costante.
Va anche ricordato che questa guerra innescata da parole forti e annichilenti sono state una manna dal cielo per i media, soprattutto per la TV. Funari e Sgarbi, due uomini di talento che si sono sprecati in un mare di parole atroci, hanno preceduto la violenza verbale della politica. Poi sono arrivati Bossi e infine Grillo seguito da Salvini. E da tanti che usano la parola d’insulto o di derisone come arma politica.
Insisto nel dire che la polemica aspra c’è sempre stata. C’è stato anche di più e anche di peggio. La Ricostruzione è avvenuta dentro uno scontro politico e di classe con molti morti e feriti. Le forze politiche, però, hanno saputo lavorare per introdurre anche altre procedure, fino al riconoscimento reciproco che avvenne con Moro e Berlinguer a nome di Dc e Pci.

VERBA MANENT – Quello che si è sempre sottovalutato è che non è vero che “verba volant” mentre è vero che “verba manent”. Lo sdoganamento della violenza verbale sempre più esasperata e carica di gesti orrendi (la bambolina gonfiabile con cui Salvini ha deriso la presidenta Boldrini) non è mai senza sbocchi. E’ come nelle liti di strada: insulta, insulta, poi alla fine qualcuno comincia a menare le mani.

Rossi è stato vittima di questo clima, di questo legame morboso fra politica e società. Parlo di un legame perché non mi accodo a chi dice che la società è stata influenzata dalla cattiva politica. Una cattiva società ha cercato e creato una cattiva politica e viceversa. Il Pci trasformava le plebi in classe e in cittadini rispettosi dello Stato. La Dc metabolizzava e annullava le spinte eversive e i pensieri cattivi. Noi siamo arrivati al punto che “buonismo” e “politicamente corretto” sono considerati difetti capitali.

I CATTIVI MAESTRI – Purtroppo non c’è stato solo Toni Negri fra i cattivi maestri, scorrete i giornali, le gazzette, i settimanali, i filmati delle tv e vedrete la gara fra commentatori gaudenti di fronte a un insulto ben assestato.
Può finire questo tempo? Penso di sì. Il mondo, e qui entriamo nel mondo reale tutto intero, è talmente intriso di tante diverse forme di violenza che la famosa “ggente” comincia a non poterne più, ad aver paura, forse a sognare uomini di pace invece che guerrieri della parola. Si sta avvicinando, è la mia sensazione oltre che il mio auspicio, il tempo in cui gli arroganti, i prepotenti, gli affabulatori dalle parole forti, coloro che non discutono ma mortificano chi dissente (anche dandogli nomi di volatili della notte) saranno consegnati a un passato da “rottamare”.
Perché accade sempre così dopo guerre prolungate, alla fine gli armistizi li fanno quelli dallo sguardo lungo e dalla disponibilità ai compromessi utili. Li fanno in nome della mitezza e della salvaguardia del vivere civile. Una politica che non mette al primo posto la serenità di tutti, amici e avversari, è una politica che prima o poi perde. Perché, ve lo voglio rivelare, arriva anche in politica il Settimo cavalleggeri forte, determinato, con soldati animati da pietas e comandanti lungimiranti. Perché i violenti, gli arroganti, quelli che insultato gli avversari, non hanno idee. E quindi non hanno futuro.

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