Una foto di archivio della banca Monte Pashi Siena a Roma.  /ANSA/DEMANIO/BONOTTO

Lo stress test boccia Mps, unica in Europa

Ieri notte sono stati pubblicati i risultati dello stress test, dell’Autorità Bancaria Europea (EBA), su 51 grandi banche che rappresentano il 70% delle attività bancarie nell’area euro. Vi fanno parte le 5 principali banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena , Banco Popolare e UBI Banca). Si tratta di una valutazione della tenuta delle grandi banche in condizioni economiche e finanziare estreme, piuttosto improbabili.
I risultati, consultabili nel sito dell’EBA, rappresentano uno degli elementi per eventuali richieste di capitale, che verranno comunicate alle banche dalla Vigilanza Europea (SSM) alla fine del 2016.
Lo stress test ipotizza per ciascun paese due scenari: uno di base (preso dalle previsioni economiche dell’autunno 2015) e uno avverso. La simulazione è stata condotta con i dati di bilancio 2015.
Nello scenario avverso si ipotizza per l’Italia una caduta del PIL nel triennio 2016-18 di quasi sei punti percentuali rispetto alle previsioni. Nel 2018 il PIL sarebbe del 10% inferiore a quello del 2007; una perdita senza precedenti. Lo scenario avverso ipotizza un aumento del rendimento dei Btp italiani “lunghi” di 100 punti base, che comporta la svalutazione del 12% del valore dei tali titoli.
Lo stress prevede il declassamento del rating della banca di due livelli e un aumento del costo della raccolta, fino a 220 punti base senza possibilità di trasferire questi costi sui nuovi impieghi.

Insomma, per le banche con rating deboli, come MPS, il test è fin troppo penalizzante, in quanto assume che i nuovi finanziamenti vengano concessi in perdita.
Sui risultati delle banche con livelli elevati di “non performing loans” (NPL) incide in negativo la non contabilizzazione di interessi relativi a essi, nonostante che, per una parte di questi prestiti, vi siano buone probabilità che il debitore torni a onorare i propri impegni, come avviene spesso.

Nonostante tutto, per quattro banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca) l’impatto sul capitale (CET1) derivante dallo scenario avverso è di 3,2 punti percentuali, a fronte dei 3,8 della media del campione.
MPS supera il test nello scenario di base, ma in quello avverso, unica tre le 51, mostra un risultato addirittura negativo (- 2,4%)
All’avvio dell’esercizio le banche vigilate dalla BCE partivano con un coefficiente di capitale di classe 1 (CET1) medio pari al 13%, migliore rispetto all’11,2% dello stress test del 2014.
Nello scenario peggiore il capitale si è ridotto di 3,9 punti percentuali. Grazie a una maggiore capitalizzazione e ad altri miglioramenti, il coefficiente finale di CET1 nello scenario avverso ha raggiunto il 9,1%, superando l’8,6% del 2014.
Salvo MPS, tutte le banche mostrano livelli di capitale ben al di sopra del parametro di riferimento del 5,5% per l’ipotesi di scenario avverso.

Per MPS metà della riduzione di capitale viene dal crollo del margine di interesse (interessi attivi meno interessi passivi); il resto dall’aumento delle perdite su crediti e titoli di Stato di proprietà.
Il Consiglio di amministrazione di MPS ha deliberato ieri stesso un piano che prevede la cessione di tutte le sofferenze e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, che consentirà di incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti NPL. Per effetto di tale operazione, la banca resterà con NPL in linea con quelli medi delle banche italiane, ma meno rischiosi, avendo ceduto tutte le sofferenze. Il patrimonio resterà sugli attuali buoni livelli e la redditività vedrà miglioramenti nei costi della raccolta, nei rendimenti dell’attivo e della liquidità.

Nel dettaglio il piano prevede una cartolarizzazione per dismettere le sofferenze, pari a 27,7 miliardi lorde, vendute al 33% medio (con una perdita rispetto al 39% cui erano svalutate). Si tratta quindi di 9,2 miliardi da cedere come segue: 6 miliardi di titoli “senior” (le sofferenze “migliori”) da collocare sul mercato come obbligazioni, garantite dal recupero dei crediti e dalla garanzia statale (GACS); 1,6 di titoli “mezzanine” che saranno acquistate dal fondo Atlante bis e 1,6 “junior“, cioè a più bassa probabilità di recupero, che resteranno agli azionisti. Si chiude così, quindi, la complessa trattativa.
Il fondo Atlante bis dovrebbe a sua volta raccogliere fino a 5 miliardi entro l’8 agosto utili pure per ulteriori interventi su altre banche in difficoltà, non ancora sottoposte allo stress test. L’operazione sarà infine affiancata da un prestito ponte a garanzia del dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro, atteso entro fine anno con la regia di Jp Morgan e Mediobanca.
Tra le sorprese positive della giornata, la banca ha annunciato la chiusura del 1 semestre 2016 con un utile netto di 302 milioni.

L’utilizzo del GACS (Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze), avverrà per una parte delle sofferenze ed è a titolo oneroso. Ecco nel dettaglio come funziona e quali possono essere gli effetti della soluzione trovata.
MPS crea una emissione di obbligazioni con sottostante i 9,2 miliardi di sofferenze nette da cedere. Dalla stima della probabilità di realizzo delle sofferenze cartolarizzate, si spezza l’emissione in tranche senior, 6 miliardi destinati al mercato (con la garanzia GACS), mezzanine, 1,6 miliardi – senza garanzia, che acquisterà Atlante bis – e junior, 1,6 miliardi, che restano agli azionisti.
Se la parte junior viene azzerata di valore per via delle perdite (il che è probabile) si comincia a incidere la tranche mezzanine che ha un rischio medio. Se anche quest’ultima viene azzerata, si passa alla senior, la meno rischiosa e garantita per l’appunto dallo Stato.
Il Tesoro italiano quindi garantisce i crediti a meno rischio e minore rendimento, con rating “investment grade” cioè che non sono junk (spazzatura). Ciò comporta che la tranche senior ha una dimensione determinata dai flussi di cassa attesi dal realizzo delle sofferenze sottostanti.
La GACS sui 6 miliardi di “senior” ha un costo, piuttosto complesso da quantificare, basato sulla quotazione dei CDS (Credit Default Swaps) di emittenti di pari rating e pari durata. Una soluzione che è di mercato anche perché l’intervento pubblico è a sua volta garantito dalle tranche mezzanine e junior, destinate ad essere azzerate prima dell’intervento della garanzia dello Stato.

Nei prossimi giorni vedremo ulteriori dettagli e sarà possibile così avere una stima dei costi di questa gigantesca quanto necessaria soluzione. Conosceremo anche il piano industriale di MPS – con tagli di personale, chiusure di sportelli e ulteriore riorganizzazione – essenziale per garantire un futuro tranquillo alla banca più antica del mondo.

Commenti