«Questi froci uccidono i fascisti». L’orgoglio ironico su uno striscione tra le macerie della guerra siriana saluta la nascita della prima unità combattente al mondo dichiaratamente LGBTQI+. The Queer Insurrection and Liberation Army (TQILA, leggi “tequila”) è un’unità formata da persone LGBTQI+ e da tutti coloro che vogliono eliminare il binarismo di genere, nonché portare avanti la rivoluzione femminile e la più ampia rivoluzione di genere e sessuale.
Legata all’anarchica International Revolutionary People’s Guerrilla Forces (IRPGF), TQILA si è costituita da poco nel nord-est della Siria ed è alleata dell’YPG, l’Unità di protezione popolare curda.
«A lungo marginalizzati dal regime di Damasco e dopo aver respinto le forze governative, nel 2012, i curdi siriani – ricorda l’Independent – sono riusciti a ritagliarsi un ordine sociale relativamente pacifico e stabile nel Rojava, prosperando nonostante siano circondati da nemici su tutti i fronti. La loro rivoluzione armata è stata la forza di terra di maggior successo contro Daesh e, adesso, con l’aiuto della potenza di fuoco statunitense stanno lottando contro i miliziani a Raqqa, l’ultima roccaforte del Califfato».
«L’emancipazione delle donne è in primo piano nell’agenda sociopolitica dei curdi e l’YPJ, l’unità di combattimento delle donne, è in prima linea contro Daesh, l’esercito di Assad e le milizie alleate, e le forze appoggiate dai turchi. Queste combattenti spesso ispirano le donne arabe e yazidi a imbracciare a loro volta le armi e il movimento ha attratto centinaia di foreign fighter con lo stesso spirito con cui socialisti e comunisti da tante parti del mondo si offrirono per combattere il fascismo durante la Guerra civile spagnola».
Dopo le donne, Daesh troverà sul campo un altro dei suoi peggiori nemici. «Un nuovo capitolo della rivoluzione è iniziato» si legge nel comunicato che annuncia la nascita di TQILA.
I combattenti che fanno parte di questa unità provengono da vari paesi, compresi quelli del Medio Oriente, e sono mossi dal desiderio di combattere forze, come Daesh, che perseguitano le persone LGBT. «I membri di TQILA – spiega il portavoce Heval Rojhilat – hanno assistito con orrore alle forze fasciste ed estremiste di tutto il mondo che attaccavano la comunità queer e ne uccidevano un numero inestimabile di membri definendoli “malati” e “contronatura”». «Di fronte alle immagini di uomini gay lanciati giù dai tetti o lapidati a morte da Daesh – prosegue – non potevamo restare a guardare senza fare nulla».
«Come queer del Medio Oriente, o che attualmente risiedono qui», continua Rojhilat, «uno degli atti più radicali che possiamo compiere è annunciare la nostra esistenza a persone e governi che continuano a dire che non esistiamo. Invece esistiamo e combattiamo contro la tirannia, l’oppressione e la dominazione assieme a quelle persone che, conoscendoci, hanno imparato ad amarci per ciò che siamo e non a vederci come degli stereotipi o qualcosa di cui avere paura».
Certo, dice Rojhilat, «ci sono pezzi della società curda che mantengono atteggiamenti feudali e conservatori». Tuttavia, durante l’addestramento, le truppe curde frequentano lezioni in cui vengono discusse, in maniera critica, le teorie della sessualità e del genere. «Il fatto che queste teorie vengano analizzate da una delle più grandi forze di guerriglia di sinistra del mondo, nel mezzo di una rivoluzione e di una guerra, è qualcosa che ti cambia e ti ispira». «L’autodifesa è un diritto e un dovere per la nostra comunità e per altri che stanno affrontando oppressione, dominazione e sfruttamento».
Abdullah Ocalan, il leader del Pkk detenuto da anni nelle carceri turche, ha, ad esempio, utilizzato la metafora della rosa per descrivere la liberazione femminile: la rosa è bella ma ha le spine per proteggersi. Allo stesso modo, le donne devono proteggersi e difendersi dall’oppressione di stato e del patriarcato – da qui la creazione di unità di combattimento femminili.
Per TQILA, conclude Heval Rojhilat, «questo principio si applica anche alle minoranze di genere e sessuali. Noi vogliamo la pace, ma se veniamo costantemente attaccati e repressi, come la rosa, useremo le spine e combatteremo».