Ricorre in questi giorni l’ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci e, inevitabilmente, assistiamo ad un florilegio di pubblicazioni, dibattiti, citazioni, distorsioni del pensiero. E’ destino di tutti i grandi pensatori, di tutte le epoche. Ma che il pensiero di Gramsci sia distorto dal quotidiano che lui stesso fondò nel 1924 è desolante. Il direttore de l’Unità.tv, Mario Lavia tenta un’esegesi del politico sardo tutta finalizzata, sostanzialmente, a dare credibilità al Lingotto A.D. 2017 e al suo mentore.
Certo, è condivisibile l’accusa da lui lanciata di “tanta gente – a vario titolo – s’intesta Gramsci magari senza averne letto un rigo” e, tra questi, va sicuramente ricompreso lo stesso Lavia. Affermare che Gramsci sia patrimonio di tutti, non solo della sinistra, non è sicuramente un’affermazione rivoluzionaria ma di una banalità sconcertante. Chiunque abbia, in qualche modo, inciso in campo culturale, politico, scientifico nella storia di un qualsiasi Paese è per ciò stesso patrimonio comune. Perlomeno di tutti coloro che hanno interesse ad approfondirne la conoscenza. Scrivere, in polemica risposta ad un editorialista del Corriere della Sera “che si possa costruire un’egemonia culturale attraverso la riforma della scuola è idea che poteva calzare per Giovanni Gentile 80 anni fa. Da decenni, la sinistra italiana ha smesso di pensare che un governo potesse cambiare gli uomini”. In sole tre righe, Lavia ha dimostrato di non conoscere assolutamente né il concetto di “egemonia” in Gramsci né la storia della sinistra, di cui vorrebbe intestarsi parte dell’eredità.
Se l’egemonia, per Gramsci, è un’espressione di potere basata essenzialmente sul consenso, ossia sulla capacità di guadagnare, tramite la persuasione, l’adesione ad un determinato progetto politico e culturale, ebbene sì, l’egemonia culturale passa anche attraverso il consenso ad una riforma come quella della cosidetta “Buona Scuola”. Non ce lo ha ricordato, magistralmente, solo Guglielmo Epifani nell’ultima Assemblea Nazionale del PD ma lo stesso Piero Fassino quando ha denunciato che le riforme calate dall’alto senza cercare il confronto con i destinatari delle stesse e senza una “forza militante” che ne sostenga le ragioni, sono destinate a soccombere. La scarsa coerenza tra quanto affermato e la sua collocazione all’interno di quel partito, è altra storia e ci interessa il giusto.
Circa poi la presunta volontà della sinistra di cambiare gli uomini o di essere alla costante ricerca di “brandelli di teoria politica da mettere a frutto”, la dice lunga, non solo sulla scarsa conoscenza di questo mondo a cui sopra si accennava, ma proprio il disprezzo che verso di essa si nutre.
“Tutti i più ridicoli fantasticatori che nei loro nascondigli di geni incompresi fanno scoperte strabilianti e definitive, si precipitano su ogni movimento nuovo persuasi di poter spacciare le loro fanfaluche. D’altronde ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare uomini sobri, pazienti, che non disperino dinanzi ai peggiori orrori e non si esaltino a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. Quindi Gramsci ci ha insegnato che si deve fuggire dalla tentazione di lobotomizzare alcuno ( a volte sacrosanta!) ma di creare una comunità in cui ogni individuo propone alla collettività il suo patrimonio di risorse, non solo materiale, ma anche intellettuale.
Singolare è poi il tentativo di rottamazione del pensiero gramsciano, per cui vanno messe in soffitta (non si sa perché) alcune categorie tipo “guerra di posizione” (attualissima nell’attuale scenario politico), “intellettuale organico” (figura rara nella sinistra che Lavia vorrebbe rappresentare) e “moderno Principe” (per evidenti ragioni, considera qualcuno a lui particolarmente vicino più affine al “Principe” di Machiavelli. Ma solo per ragioni campanilistiche, non politico-culturali). Considera, invece, vitali i nessi fra nazionalizzazione della politica e mondializzazione dell’economia. Posto che la globalizzazione (l’internazionalismo) di cui si occupava Gramsci ha radici e presupposti assolutamente diversi, se proprio si vuole individuare una sorta di simbolismo in ciò che a questo proposito scriveva nei Quaderni, è il pensare criticamente e agire conseguentemente al cospetto del dominio assoluto del capitale finanziario. Ora, tale categoria gramsciana sarà ancora attuale, e lo è sicuramente, ma è evidentemente sfuggita agli estensori e sostenitori di quella mozione congressuale denominata “Avanti, insieme”.
La triste verità è che l’Unità.tv, la maggior parte dei suoi redattori e gran parte del gruppo dirigente del PD che si appresta alla propria autocelebrazione, alimentano quella sorta di “Sindrome di Grimilde” che tende a specchiarsi in se stessi e a ricevere, per tale via, le risposte desiderate. Ma nella vita politica, come nelle favole, succede che alla fine vince sempre Biancaneve.