Mariano Paolozzi

Mariano Paolozzi: Questione e passione meridionale

Questione e passione meridionale. L’orizzonte di una nuova forza politica di sinistra ha il dovere, mi permetto di dire l’obbligo, di rimettere al centro dell’agenda politica nazionale il Sud dell’Italia. Riprendere con forza il tema genericamente discusso, ma sostanzialmente non affrontato con la dovuta serietà della questione meridionale: e affrontarlo con passione. Non come un fastidioso problema della comune agenda politica.
Ecco, il compito di una nuova sinistra è far appassionare il paese intero ad una questione fondamentale e fondante per tutti. Il Mezzogiorno d’Italia è a tutti gli effetti una regione d’Europa, oltre 20 milioni di abitanti, più grande della Grecia, del Portogallo, dell’Olanda. Produce un terzo della forza lavoro del paese. Eppure il gap con il nord dell’Italia è enorme, così come con il resto dell’Europa centrale. E la questione è sempre la stessa: lavoro, lavoro, lavoro. Soprattutto fra i più giovani.
Basta aprire il profilo linkedin a Napoli e a Milano. Sotto la stessa voce le offerte di lavoro sono 5 o 6 volte maggiori al nord. Maggiori si, ma anche migliori. E allora, che fare? Credo che ci sia il bisogno innanzitutto di superare due false credenze.

La prima. La questione meridionale non è una questione legata essenzialmente alla legalità. Per troppi anni abbiamo subito la narrazione di un sud che non decolla per colpa della criminalità organizzata, non occupandosi dei tanti altri problemi e rischiando solo di offendere milioni di cittadini. L’equazione “sud arretrato uguale malavita” ha semplicemente diviso il paese in due partiti: chi vedeva come panacea di tutti i mali la sconfitta delle mafie e chi scioccamente irritato, fingeva che il problema non esistesse. La battaglia contro le mafie è giusta e doverosa, ma non è la soluzione all’arretratezza del mezzogiorno.
Spiega bene Luigi Pizzolo in un appassionato articolo “In un’area del Paese dove la disoccupazione giovanile è oltre il 50%, dove la sanità pubblica arranca, non possiamo limitarci ad indicare solo nel fenomeno della criminalità organizzata la causa del persistente mancato sviluppo”.

La seconda. Altra falsa credenza è quella di pensare ad uno sviluppo del sud fondato sul turismo. È una visione superficiale e demagogica storicamente legata alla destra e al qualunquismo. Il sud d’Italia è una regione vasta e diversificata, con aree urbane e periferiche, con paesi a vocazione turistica sulle coste e grandi paesi interni. Giugliano, ad esempio, il più grande comune d’Italia non capoluogo di provincia, la cui economia si fondava sull’agricoltura cosa ha a che fare con il turismo? E tutte e zone della lunga dorsale appenninica? Il turismo per sviluppato e industrializzato che sia non crea tanto lavoro e, soprattutto, non crea lavoro qualificato. È sicuramente un segmento importante, ma credere che possa essere la soluzione di un problema secolare è un errore ottico.

Allora, che fare? Il Mezzogiorno ha bisogno innanzitutto di infrastrutture e investimenti, siano essi pubblici o privati.
Ci sono luoghi del sud dove non arrivano treni e autostrade, altri dove non arriva internet. Ci sono zone del Mezzogiorno dove curarsi diventa difficile, altre dove andare a scuola è un problema. Per non parlare delle Università, che ogni anno perdono fondi e iscritti. Un grande piano d’investimento infrastrutturale è la conditio sine qua non per creare l’uguaglianza di opportunità e benessere sociale che divide il Mezzogiorno dall’Europa continentale.

Ma il tema principale è e rimane il lavoro. Un lavoro che non c’è. Che costringe centinaia di migliaia di giovani ad emigrare ogni anno. E le politiche messe in campo negli ultimi periodi non sono bastate, soprattutto se di incentivo e non strutturali. Forse oggi, dopo anni di crisi economica profonda, un forte investimento occupazionale nella Pubblica Amministrazione diventa di nuovo centrale. Così come pensare ad un reddito minimo di inclusione per gli under 35 non è più una bestemmia, soprattutto se si pensa alle analisi sulla fine del lavoro e la robotizzazione.

Dare risposta alle due urgenze, infrastrutture e logistica (senza le quali non decolla nemmeno il turismo) e occupazione giovanile potrebbe essere la scintilla per creare nuova ricchezza e ricreare quel tessuto sociale in parte scomparso. Potrebbe essere la scintilla per attirare i finanziamenti privati necessari allo sviluppo del Mezzogiorno.
Le parole d’ordine sono poche ma chiare: Rimettere al centro del dibattito la questione meridionale, appassionare tutto il paese e avere il coraggio di fare proposte diverse da quelle fino ad ora enunciate dal pensiero unico dominante. Nella convinzione che lo sviluppo del Sud d’Italia giova alla crescita dell’Italia intera e dell’Europa.

Nella foto di copertina: Mariano Paolozzi

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