
Mi chiamo Najat Noubail, sono mussulmana, vivo in Italia da 15 anni
Ennesima strage, ennesimo attentato, stavolta è successo a Manchester. Capita oramai spesso che le mie giornate comincino con notizie del genere. Capita spesso e non cambia la mia reazione ogni volta, cambiano il luogo, le persone coinvolte ma per me non cambia: lo stesso dolore unito a tanta rabbia e paura.
Dolore perché non riuscirò mai ad accettare la morte di persone innocenti e mi chiedo se chi compie queste azioni pensa mai alle vite che distrugge. Anche un solo secondo prima dell’esplosione, vorrei tanto stare li e guardarlo in faccia. Avrei pianto non solo per i morti e i loro cari ma anche per quel ragazzo. Avrei pianto perché penso che non si fanno certe azioni perché ti vengono promesse sette vergini, ma forse perché sei stufo dalla vita e provi odio per tutte le persone del mondo.
Rabbia perché mi sento impotente, cosa bisogna fare e cosa potrei fare in queste situazioni?
Paura, magari doppia, perché oltre ad abitare in un paese occidentale sono anche musulmana e qualcuno potrebbe svegliarsi un giorno e decidere di fare fuori me e la mia famiglia perché rappresentiamo un eventuale pericolo.
Gli attentati non riguardano solo l’occidente, il terrorismo spesso annienta anche i paesi arabi, quindi musulmani, e perciò fa ancora più specie sentir parlare di estremismo islamico. In quanto musulmana, spesso mi viene chiesto: ”perché fate questo”?. Vi lascio immaginare cosa mi succede in quel momento, coinvolta in una cosa che mi è tanto lontana. E questa domanda me la faccio anch’io, cosa spinge un mio coetaneo o magari più giovane di me, un ragazzo che ha l’età di mio fratello che ha vissuto in occidente, con un’educazione al rispetto delle leggi, della libertà e della persona a commettere tali crimini? Io li guardo spesso i miei fratelli e penso che hanno bisogno di sentire l’appartenenza a questo territorio, non possono sentirsi stranieri nella nazione dove sono nati e cresciuti.
Ovviamente vi dico già che non ho la risposta esatta, e la mia non vuole essere giustificazione per chi commette certi crimini, ma non ho la presunzione di sapere la verità. Penso che un po’ rientra nella follia dell’essere umano ma soprattutto in altri fattori che io racchiudo in una sola parola: l’ingiustizia. Oggi 800 milioni di persone soffrono la fame, 1 donna su 3 subisce violenza, 400 milioni non hanno accesso alle cure mediche, 65 milioni sono in fuga dalle guerre e tanti di loro muoiono nel deserto o in mare.
In questo quadro mi viene difficile parlare di religione, di odio religioso o pensare ad una religione che spinge ad ammazzare innocenti, tanto meno l’Islam che a me ha insegnato l’amore e la tolleranza. Mi sembra più plausibile la teoria che un ragazzo nato in una tenda da profughi, che ha visto ammazzare il padre e violentare la madre e la sorella, sia privo di amore da donare, che abbia rabbia verso quelli che, secondo lui, sono la causa del suo malessere, della sua disperazione.
Solo dopo un’analisi profonda, potremmo cominciare a dare soluzioni per questo cancro che sta invadendo tutto il pianeta, e come qualsiasi cancro va eliminato alla fonte con le cure giuste. Dobbiamo cominciare ad importare giustizia non armi e guerre, importare libri e istruzione e aprire ospedali. Creare un quadro che permetta lo sviluppo dell’essere umano, un quadro che permetterebbe a ciascun essere umano di dare il meglio di se.
Per tutti quei ragazzi che crescono nella nostra terra è bene farli sentire parte integrante di questa terra stessa. Come mi sento io, perché ho avuto la fortuna di vivere in Italia, e dico fortuna perché in 15 anni ho vissuto all’interno di un sistema che nel bene e nel male è stato inclusivo per me, fino al punto di farmi pensare ad essere una cittadina attiva e dare il massimo per una Nazione che è la mia Nazione. Così forse non succede in quegli Stati che riconoscono la libertà formale di ogni individuo ma vietano quell’aspetto fondamentale che è l’integrazione. Integrare vuol dire mettere insieme e non escludere, e nemmeno mettere da parte.
Mi chiamo Najat Noubail, sono musulmana, ho 30 anni e vivo in Italia da 15 anni