Miriam Hatibi

Míriam Hatibi: Apriamo gli occhi ai ragazzi con la cultura, contro il terrorismo

«La Barcellona senza paura ha i volti delle abitanti del Raval che il 17 agosto hanno aperto le loro case ai sopravvissuti della Rambla e che il 18 hanno fermato una manifestazione islamofoba. Ha i volti dei tassisti, dei commercianti, dei poliziotti, dei lavoratori nel settore delle emergenze e del sociale… e dei musulmani che ricordano che religione e odio sono incompatibili».

 

Inizia così il profilo, pubblicato oggi sul quotidiano catalano La Vanguardia, di Míriam Hatibi, un altro dei volti di questa città che grida “No tinc por” (“Non ho paura”) e che tornerà a manifestare in massa questo sabato.

Míriam è nata a Barcellona 22 anni fa da genitori originari del Marocco, però è cresciuta a Bellpuig ((Ürgell). Si è laureata in Economia aziendale internazionale alla Universitat Pompeu Fabra e si occupa di analisi di dati. È anche la portavoce della Fondazione Ibn Battuta, una fondazione laica, che lotta contro le stigmatizzazioni e per favorire il dialogo culturale e l’integrazione. La Fondazione Ibn Battuta, assieme ad altri 153 soggetti musulmani, ha preso parte alla manifestazione dello scorso venerdì in risposta agli attentati. Míriam ne ha letto il comunicato finale.

Ibn Battuta è stato uno dei più grandi viaggiatori musulmani. Nacque probabilmente nel 1304 e morì nel 1369. Il suoi viaggi fra Africa, Europa, India, il centro e il sudest asiatico e la Cina battono quelli intrapresi anni dopo da Marco Polo. «Ibn Battuta e Míriam Hatibi come metafora del mondo musulmano che non si chiude in se stesso e promuove la convivenza, il rispetto e la conoscenza degli altri», commentano Domingo Marchena e David Airob su La Vanguardia.

«Gli attentati – commenta Míriam – uniscono più che dividere». E questo lei lo ha provato molto da vicino in questi giorni: degli sconosciuti le si sono avvicinati, abbracciandola. Oppure dicendole che i musulmani sono le principali vittime del jihadismo.

«Barcellona ha dato una lezione esemplare con la sua reazione all’attentato, tanto istituzionale come sociale». Questo è il mondo che Míriam vuole per i suoi figli, «un mondo che lotta per la convivenza, la diversità, la pluralità e il dialogo, senza che nessuno debba dare spiegazioni sul suo cognome o sulla sua fede». Proprio il contrario di quello che vogliono i terroristi.

La lettura e la cultura sono strumenti fondamentali per strappare i giovani dalle grinfie della bestia. Per questo motivo, la Fondazione Ibn Battuta e le associazioni a lei affiliate organizzano sia iniziative molto umili, come tornei di calcio durante il Ramadan, o molto ambiziose, come videochat «affinché i giovani musulmani possano discutere sull’identità culturale, i problemi lavorativi o scolastici, i conflitti con i genitori… cose che ci preoccupavano molto quando eravamo adolescenti e che adesso possono aiutare gli altri adolescenti».

Un altro degli obiettivi della Fondazione è «spingere alla lettura critica, affinché questi ragazzi non credano né accettino tutto quello che circola online». I ragazzi vengono aiutati a «scoprire libri su qualsiasi argomento, ma anche libri di filosofia o di religione, molto accessibili e totalmente in contrasto con la visione della società e della religione che predicano questi intolleranti». Il progetto, commenta Míriam «è molto complesso, però sta funzionando davvero bene, perché utilizziamo gli stessi strumenti che utilizzano gli altri, in maniera però perversa, per agganciare i giovani che stanno da soli in casa, davanti al computer. Noi però non vogliamo indottrinarli, ma aprire loro gli occhi».

Nella foto di copertina: Míriam Hatibi (di David Airob)

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