
Per il governo ci vorrà tempo, ma qualcosa si è mosso
Come tutti si aspettavano il primo giro di consultazioni del presidente della Repubblica con le forze politiche non ha diradato tutte le nebbie che accompagnano il faticoso cammino che dovrebbe portare alla formazione del Governo. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, e, magari, servirà anche un terzo ciclo di incontri al Quirinale oltre quello già previsto per la prossima settimana:
Eppure parlare di un nulla di fatto assoluto sarebbe improprio. Almeno si sono chiarite le posizioni dei protagonisti di questo nuovo quadro politico determinato dalle elezioni. E il primo a mettere qualche puntino sulle i è stato proprio il capo dello Stato. Replicando implicitamente alle dichiarazioni di vittoria di Salvini (in quanto capo del maggior partito della coalizione più votata) e di Di Maio (in quanto capo del partito che ha avuto più voti in assoluto) Mattarella ha spiegato pazientemente che se è vero che entrambi hanno avuto un successo, le elezioni) non le ha vinte nessuno, e quindi serve più tempo per consentire ai partiti (compresi quelli che si sono coalizionati per il voto e poi sono andati in ordine sparso al Quirinale) di realizzare le necessarie intese, concretizzando così una maggioranza parlamentare. Mattarella ha poi chiaramente sottolineato l’importanza che ha la collocazione europea e atlantica del nostro Paese. In pratica ha spiegato anche e soprattutto a Salvini e Di Maio che in Europa devono fidarsi di voi.
E qui chi ha provveduto a cercare di dissipare, dopo una campagna elettorale piuttosto energica su questo fronte, molti dubbi è stato proprio il leader del movimento cinque stelle Di Maio mostrandosi particolarmente attento e sensibile a questi richiami di Mattarella. Discorso analogo anche per Salvini, che, ignorando una precedente invettiva anti Cinque Stelle di Berlusconi che uscendo dal Quirinale se l’era presa con “pauperismo, populismo e giustizialismo” indentificando questi come caratteristiche del movimento grillino, ha ribadito che “tra Pd e 5Stelle sceglierà sempre questi ultimi“. Insomma l’invettiva berlusconiana per il momento si è rivelata un petardo bagnato. E alla lunga potrebbe diventare nociva soprattutto per Forza Italia e per il suo presidente Berlusconi, il quale non ha mai nascosto di volere stare al centro dei giochi per il Governo e di vedere come pessima la soluzione di un ritorno più o meno immediato alle urne.
Questo vuol dire che, come titolano oggi alcuni giornali, oggi il governo Lega-5Stelle sia più vicino? Sarebbe una conclusione frettolosa. Anche se il primo round di consultazioni ha messo in chiaro che quella del centro-destra è una coalizione, ma fino a un certo punto, e che il peso di Forza Italia in questa fase è modesto, il percorso è ancora lungo e accidentato. E non è un caso che tanto Berlusconi che Di Maio abbiano più volte ammiccato a quello che potrebbe essere un eventuale rientro in campo del Pd:
Qui si apre un altro discorso che riguarda il Pd e più in generale la sinistra. Nel Pd è finora prevalso un veto di Renzi a trattare con chiunque, in nome della discutibile tesi che gli elettori hanno scelto che stia all’opposizione. Ma questa tesi non è condivisa da tutto il partito. Nel quale è si sta facendo sempre più evidente la divisione tra quel che resta dello stato maggiore renziano e gli altri. Ieri c’è stata anche una riunione (caminetto?) dei fedelissimi di Renzi (a via Veneto nella sede di un’azienda della famiglia del capogruppo Pd al Senato Marcucci) per mettere a punto strategie più di partito che di governo: una riunone alla quale non ha partecipato l’attuale segretario reggente Martina. Insomma, per ora nel Pd, e non solo, a tenere banco sono soprattutto i problemi interni. A prescindere dalla questione del governo.
Riassumendo lo stato dell’arte a conclusione del primo giro è il seguente: Mattarella è pronto a dare tutto il tempo necessario ai partiti e alle coalizioni perchè si chiariscono all’interno e tra loro, ma visto che nessuno è vincitore assoluto delle elezioni come avviene nei sistemi proporzionali, per affidare l’incarico ha bisogno che si appalesi una maggioranza. Inoltre, con un Pd ai bordi del campo, in attesa di poter fare opposizione a qualcosa, e un Berlusconi palesemente indebolito, la partita sanno di doversela giocare soprattutto Di Maio e Salvini ( quest’ultimo nonostante i capricci di Berlusconi).