Lo dico preliminarmente e senza perifrasi: il “Decreto Minniti – Orlando” sull’immigrazione è culturalmente, politicamente e tecnicamente inaccettabile. Che uno Stato debba preoccuparsi di garantire la propria sicurezza e quella dei suoi cittadini, è fuori discussione. Affrontare il problema dell’immigrazione solo dal lato della sicurezza è, oltre che inaccettabile, pericoloso! Riporto testualmente il pensiero di una carissima amica e compagna marocchina, che vive da vent’anni nel nostro Paese, che con questi problemi si confronta giornalmente e che, per me, vale più di cento articoli di fondo e dibattiti tra presunti esperti: “Dopo tutto quello che sta succedendo in Siria, qui ognuno pensa alla sua sicurezza. Questa Europa, pure. Ma si sono mai chiesti quanto ci sentiamo sicuri noi immigrati? Si parla di estremismo islamico e io ho paura per mia madre che porta il velo. Qualcuno potrebbe svegliarsi un giorno e decidere di toglierglielo perché così è più sicuro”.
Questo decreto sembra seguire più gli umori dei figuranti di “Quarto grado” (trasmissione in onda sui canali Mediaset che dà voce agli istinti populisti più biechi), che il risultato di un confronto sereno e serio sul problema. Perché, ed è questo il primo aspetto preoccupante, in perfetta continuità con il precedente Governo, il confronto con i corpi sociali intermedi, con le associazioni che “vivono” questi problemi, viene puntualmente ignorato. Magari le critiche mosse da ARCI, ACLI, Migrantes, Associazione Antigone, ASGI e tantissime altre, verranno bollate come posizioni radical chic che lascerebbero alla destra la titolarità della sicurezza e della sua soluzione. Ma cosa vi è di diverso dalle politiche di destra in un decreto che si pone come obiettivo principale quello di aumentare il tasso di espulsioni di immigrati irregolari? Come si fa a non denunciare che, con quello che succede in Medio Oriente e nell’Africa subsahariana e centrale, tutti i migranti saranno irregolari? E’ ovvio che, al netto dei richiedenti asilo, tutti gli altri saranno irregolari. La regolarità o meno dipende dalla circostanza di essere in possesso di un contratto di lavoro nel momento in cui si arriva nel nostro Paese. La regolarità o meno dipende, quindi, dalla Bossi-Fini!
E siamo al secondo aspetto: la legge (la Bossi-Fini, appunto) che è causa di tutti i problemi relativi all’affollamento e alle condizioni disumane di vita nei C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione) non è stata messa minimamente in discussione. L’unico reale cambiamento rispetto ad essa, è la modifica dell’acronimo: si passerà dai CIE ai CPR (Centri Permanenti per il Rimpatrio). Le novità annunciate in proposito, circa il numero di persone che potranno accogliere e le condizioni di vita, saranno tutte da verificare. Vi è però la certezza della loro allocazione: sorgeranno lontano delle città e vicino agli aeroporti. Quindi, è confermata l’idea e la pratica di ghettizzazione dei migranti, alla faccia di ogni idea e pratica di integrazione. Quale ragione, se non quella di sbarazzarsi velocemente degli “indesiderati”, è alla base dell’abolizione del secondo grado di giudizio e dell’abolizione dell’udienza? In una sola norma vengono stracciate e spazzate via la Costituzione della Repubblica Italiana (art. 24: diritto alla difesa e art. 111: diritto ad un giusto processo), la Convenzione Europea sui diritti umani (art. 6: diritto al contraddittorio), la Direttiva del Parlamento Europeo sulle procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione (art. 46: diritto a un ricorso effettivo: “Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice”). Il decreto prevede, al contrario, che sia il giudice a decidere discrezionalmente se ascoltare o meno il richiedente. L’udienza è prevista solo nel caso in cui non si sia potuto procedere ad effettuare la videoregistrazione in cui il richiedente espone le ragioni della sua richiesta. Un diritto soggettivo demandato alla mera discrezionalità di un giudice. Prevedere, inoltre, che gli operatori sociali assumano all’interno delle strutture in cui operano il ruolo di Pubblici Ufficiali, mina gravemente il rapporto di fiducia con le persone assistite. E’ la testimonianza di come l’umanità sia esclusa per legge. Non si ha la minima idea o, peggio, non interessa quali siano le reali condizioni psicologiche e umane di chi è costretto nei centri di accoglienza. Quanto disagio, dolore, sofferenza, inquietudine, disagio.
Il terrorismo e il suo contrasto non c’entrano nulla. Questa è una legge che punta solo ed esclusivamente al consenso. Quel consenso che deriva dalla paura; paura che in tal modo viene alimentata. Così come verranno alimentati razzismo e xenofobia. Viviamo in un Paese che si commuove alla visione di “Indovina chi viene a cena” ma appena incrocia per strada un africano, un rom o un immigrato dell’est, controlla che il portafoglio sia ancora al suo posto. Forse la difesa del velo della mamma della mia amica e compagna marocchina mi costerà cento voti, ma è mio dovere, è nostro dovere, spiegare a mille che quel velo è sacro quanto la mia, la nostra, sicurezza e libertà. E il primo che mi accuserà di essere un nostalgico, di rappresentare una sinistra fuori dal tempo, di non comprendere i pericoli della globalizzazione, giuro lo prendo a calci in culo!