Referendum

Referendum: evitare la trappola dei “tragediatori”

Siamo un popolo di “tragediatori” e soprattutto il mondo politico vive di tragedie, vere o finte. C’è un dramma e un pericolo ogni giorno, c’è sempre un nemico in agguato, stiamo sempre peggio di prima, corruzione e malavita dilagano. Su questo substrato vive e si alimenta il mondo populista che è la sintesi perfetta dei tragediatori.
Il referendum non è riuscito a sfuggire a questa trappola. La campagna elettorale è ufficialmente iniziata da poche ore, ma è in atto da tempo e durerà oltre il 4 dicembre. Lo schema avrebbe potuto essere semplice, se non avessero preso la scena i “tragediatori”. Avrebbe potuto essere incentrato sulla necessità o inutilità della riforma ovvero sul fatto che la riforma è stata fatta bene o male. Non è andata così. Si vive di esagerazioni. I sostenitori del NO temono la tentazione autoritaria. I Renziani del SI dicono che bocciata questa vegge muore il processo riformatore. Vi pare una discussione seria?

La prima conseguenza da trarre da queste prime considerazioni riguarda non solo la campagna referendaria ma una più importante campagna di riforma della politica. Questa riforma non richiede leggi o altro. Richiede che il mondo politico abbia uno shock con l’ingresso in campo di innovatori nei contenuti e nello stile. Se non ci sarà l’invasione di questi soggetti, la politica sarà sempre preda di “tragediatori”.

Uscendo da questo psicodramma, la vicenda referendaria potrebbe essere così schematizzata. Ci sono due piani che si sovrappongono. Il primo piano è quello riformista in senso stretto, cioè con il SI sia avvia alla chiusura la storia ordinamentale della prima repubblica, con il NO tutto resta come prima. Il secondo piano riguarda invece la politica. Con il SI tutto resta come prima, con il NO tutto cambia ma non si sa in quale direzione. Cambiare o lasciare tutto come prima sono due opzioni che si presentano in modo divergente nella prima o nella seconda modalità di lettura della vicenda referendaria.
Il tema che la campagna elettorale dovrà risolvere sarà quello di imporre la prevalenza del giudizio di merito o l’affermazione del contesto politico.

Il paradosso della campagna e della decisione finale referendaria sta nel fatto che in uno schema rigido, o Si o NO, la partita è nelle mani di terze forze. Sia quelle che voteranno SI malgrado Renzi, sia quelli che voteranno NO malgrado D’Alema. Perchè non si può sfuggire ad un dato elementare di verità: alcune critiche alla riforma sono fondate, ma anche la riforma in se è fondata.
Come scegliere? Sarebbe importante scegliere sia sulla base di proprie convinzioni sia sulla base di come dare un vantaggio all’Italia o trasformarla nella prima, vera malata di Europa. La preoccupazione di molte Cancellerie non vuol che Europa e Usa facciano il tifo per Renzi. Sta nel fatto che tutti temono che l’Italia dia il via libera al populismo con una crisi al buio.

La scelta migliore sarebbe l’emergere di un cartello di persone responsabili e di sinistra che fermino la guerra civile. Ci sono guerre che si possono non combattere e che si possono affrontare mettendo in campo i mezzi per ricostruire dopo le macerie provocate dai fan del SI e del NO. C’è un’Italia che ormai si rifugia nel populismo arrabbiato e c’è un’Italia che potrebbe puntare le proprie carte sulle persone serie e responsabili. Il populismo è una malattia endemica, ma non incurabile.

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