Roberta Morosini

Roberta Morosini: Dipartimento mamme

Tra i millemila dipartimenti istituiti dal PD, ce n’è uno che ha colpito in particolar modo, ed è quello intitolato alla mamma. Da qualche giorno provo a cercare le motivazioni che hanno spinto il PD ad istituire tale dipartimento e ne ho trovate, anche tra le parole della responsabile Titti Di Salvo, di interessanti e comprensibili, ma ritengo che i termini con cui si definiscono le cose, abbiano un’importanza fondamentale, talvolta più della sostanza stessa della questione. E il Dipartimento mamme, offende l’intelligenza di milioni di persone.

Anni a dirci che le donne sono il perno abusato, sfruttato ed inascoltato della società italiana. Anni a raccontarci quanto sia faticosa la vita delle donne divise tra il lavoro di cura e quello retribuito, quanto sia ingiusta una società che pretende di appoggiarsi quasi interamente sulle spalle delle donne, quanto siano ingiusti e sgradevoli gli sguardi di una società patriarcale che vede nel corpo della donna un’incubatrice. Anni a valutare gli effetti di Istituzioni che a parole inseguono emotivamente la sacralità della famiglia, senza attuare politiche che permettano alle famiglie di avere una vita serena, che serena continua a non essere, perché le donne pagano un prezzo altissimo.
Siamo il Paese in cui “son tutte belle le mamme del mondo“, mentre in realtà l’essere madri rappresenta l’ultimo e naturale approdo e l’espulsione dal mondo del lavoro, una condanna definitiva, quando si vorrebbe semplicemente essere libere di vivere la propria maternità in armonia con la società.

Anni a rilevare quanto sia fondamentale l’apporto femminile nel mondo del lavoro e quanto invece sia sottovalutato. A gennaio 2017 l’Istat ha rilevato un leggero aumento degli occupati rispetto al mese precedente, attribuibile solo alla componente maschile (+0,4%) a fronte di un calo per quella femminile (-0,2%). Il tasso di occupazione maschile sale al 67,0% (+0,2 punti percentuali), mentre quello femminile scende al 48,1% (-0,1 punti). Le donne nel nostro Paese sono le più istruite, ottengono migliori risultati in tutti i livelli scolastici, ma sono quelle che faticano di più ad entrare nel mondo del lavoro, oltre ad essere pagate meno. È una continua frustrazione, quella di dover scegliere tra l’essere madri o cittadine che non si rassegnano al solo lavoro di cura, divise tra il desiderio legittimo di avere figli nella totale ostilità della società, e il desiderio e bisogno, altrettanto legittimi, di continuare il proprio percorso di vita.

Anni a spiegare che la donna non è colei che genera figli per la Patria, ma che la donna è un genere umano, con i propri diritti, desideri ed ambizioni personali e sociali, e che lo sguardo della donna sul mondo arricchisce la società e la fa progredire, in mezzo ad una moltitudine di uomini che si dicono d’accordo a parole, fino a regalarci le quote alle elezioni politiche per dimostrare quanto siano a favore delle politiche per le donne, ma continuano a lasciare che siano le loro compagne ad occuparsi dei bambini a casa, mentre loro, sapete, devono cambiare la società, senza quasi mai partire da loro stessi.

Anni a cercare di rovesciare gli stereotipi di genere che impongono alle bambine le bambole e le cucine giocattolo, e ai bambini le armi e il pallone da calcio, perché è da bambini che si dovrebbe imparare il valore altissimo della cura e l’importanza che riveste, anche per le donne, il loro ruolo nella società.
Anni a ribaltare tavoli, cercando di far valere l’importanza delle libere scelte di una donna, che se decide di non essere madre, continua, nonostante il vento contrario, ad essere pienamente donna.
Ore ed ore a scrivere di realizzazione femminile all’interno della società, per essere definite con i peggiori termini, ché se una donna non cerca il proprio completamento attraverso l’uomo che ha accanto, è sicuramente frigida o puttana.

In un Paese che ancora oggi fa i conti con il proprio maschilismo strisciante e subdolo, le donne continuano ad essere quelle cui si chiede di lavorare fino ai 70 anni, mentre il lavoro di cura ricade interamente sulle loro spalle, quelle cui si chiede di sostituire un welfare pressoché inesistente dal punto di vista dei servizi per l’infanzia, ma di “figliare” per continuare a far crescere la “razza italica”, per di più per bocca di una donna, componente della direzione nazionale del PD.

Anni a spiegarvi che la nostra è una società patriarcale e non sarà il pregiudizio secondo il quale “comandano le donne in casa”, a cambiare il fatto che l’autonomia economica femminile viene dopo, e soltanto dopo, quella maschile, gettando nella povertà migliaia di donne.

Non sfuggirà, a questo punto, che se proprio ci fosse bisogno di un Dipartimento genitoriale, quello dovrebbe essere dedicato ai padri, ai padri soltanto, per insegnare loro cosa significhi avere tutta l’organizzazione della vita familiare sulle proprie spalle.

Dopo tutti questi anni, alle donne avrei dedicato e fatto dirigere un Dipartimento economia e finanze, perché di quello, finalmente, dovremmo occuparci. Ma non dispero. Dopo anni, in genere, ciò che non è concesso, è preso.

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