Voglio iniziare questo mio breve saluto parlandovi di una fotografia. E’ stata scattata il primo maggio, in Svezia, e ritrae una giovane donna nera – si chiama Tess Asplund – che avanza a testa alta e con il pugno alzato, contro un corteo di neo nazisti.
In quello scatto c’è l’Europa di oggi. Da un lato l’Europa della paura, degli imprenditori dell’odio, l’Europa che alza muri e che si rinchiude in se stessa. L’Europa che, è notizia di oggi, fa fallire gli accordi sottoscritti per la ridistribuzione dei migranti tra gli Stati membri perché priva di una visione comunitaria che valichi i rinforzati confini nazionali.
Dall’altro lato, quella donna che rappresenta una nuova Resistenza a tutto questo, l’Europa che promuove apertura, coraggio, civiltà. E non è un caso che questa lotta sia condotta da Tess con il pugno alzato, quello destro, originario delle prime lotte per l’affermazione dei diritti.
Il World Economic Forum pubblica ogni anno, dal 2006, il Global Gender Gap, il Rapporto globale sul divario di genere. Anche se nei 10 anni fra il 2006 e il 2015 le donne occupate sono passate da 1,5 miliardi a 1,75, la distanza salariale fra uomo e donna non è cambiata. Il salario medio di una donna oggi nel mondo ammonta a quello che guadagnava un uomo nel 2006, pari a 11.000 $, ma oggi quello stesso uomo guadagna 21.000 $. Una disuguaglianza riscontrata anche in Unione Europea, dove le donne guadagnano in media circa il 16% meno degli uomini. Ciò avviene a dispetto del fatto che le donne sono mediamente più istruite degli uomini.

Nella foto: Il Presidente della Toscana Enrico Rossi interviene alla conferenza “The State of the Union“.
Lavorare per una maggiore uguaglianza retributiva fra uomini e donne significa ridurre la disoccupazione, il cui tasso per le donne è molto più alto di quello degli uomini (il 13,9 per cento contro il 12,1 per cento nel 2014).
Action Aid (nota: un’organizzazione internazionale indipendente impegnata nella lotta alle cause della povertà) ha di recente calcolato che il divario economico di genere nel mondo ha un costo di circa 17.000 miliardi di dollari l’anno, in termini di salari più bassi, impieghi precari, maggior rischio di sfruttamento e violenza.
Questo costo non trova alcuna giustificazione, e costituisce una chiara violazione dei principi di eguaglianza fra uomo e donna scritti in tutti i codici internazionali, compresi i trattati europei.
Ad esempio in Toscana, tra le finalità prioritarie riconosciute dallo Statuto regionale vi è il “diritto alle pari opportunità fra donne e uomini e alla valorizzazione della differenza di genere nella vita sociale, culturale, economica e politica”. Da tempo stiamo operando con azioni concrete che mirano a rendere effettiva la parità di genere. Cito, solo a titolo di esempio, gli incentivi alle giovani imprenditrici, le azioni a sostegno delle donne per la conciliazione degli impegni lavorativi con quelli familiari, le iniziative per la tutela della salute femminile contro gli abusi e le violenze di genere, ed infine la legge elettorale regionale che punta ad avere una maggiore presenza femminile nelle istituzioni.
Vi è un nesso inscindibile fra i valori di libertà su cui si fonda l’Unione Europea e il processo di liberazione delle donne.
L’Europa costituisce certamente un punto avanzato di questo processo, ma le conquiste di libertà non sono raggiunte una volta per sempre.
E sarebbe singolare che questi principi di libertà e di uguaglianza che pretendiamo giustamente essere caratterizzanti della civiltà europea moderna non valessero altrettanto per le donne immigrate o profughe nel nostro continente.
Non possiamo aprirci se non realizziamo i nostri valori. Non possiamo solo farci carico di un’umanità sofferente, ma dobbiamo anche accoglierla con l’integrità dei nostri valori. Integrità che si misura anche con la distanza tra i principi enunciati e la realtà e condizione sociale delle donne e delle persone. Intendo dire che l’apologia dell’Europa e della sua identità non può restare un appello astratto.
Concludo evocando un altro fotogramma. In questo caso è la foto dei festeggiamenti del capodanno 2016, a Colonia, dove decine di donne sono state molestate da alcuni gruppi di nord-africani. Per sgombrare il campo da equivoci dico subito che non vi è alcun nesso tra etnia e propensione alla violenza: chi compie questi atti spregevoli è anzitutto un criminale. Quello che voglio sottolineare, in questa sede, è solo un dato di fatto del quale sono convinto: vi è uno scarto culturale innegabile tra una modernità che valorizza le differenze di genere e produce emancipazione e libertà e una visione oscurantista del mondo che, considerando il corpo delle donne come “pubblica piazza”, impedisce lo sviluppo e la crescita soggettiva delle donne e, quindi, di un’intera società. Questo accade in certe frange dell’islamismo radicale – e le prime ad esserne vittime sono innanzitutto le stesse donne arabe – dove il problema dell’uguaglianza di genere è una questione fondamentale.
Difendere l’Europa oggi più che mai significa stare dalla parte delle donne in tutto il mondo.
Dobbiamo ingaggiare sulla questione femminile una battaglia sociale e globale. Ogni donna in Europa e nel mondo deve poter esprimersi come ha fatto Tess Asplund. Sono in gioco la nostra stessa identità e le nostre possibilità di crescita e prosperità. È in gioco il futuro dell’umanità.
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E’ l’intervento che il Presidente della Toscana Enrico Rossi ha tenuto a Firenze a “State of the Union 2016, Woman in Europe and the world”
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Nel filmato l’intervento del Presidente della Toscana Enrico Rossi a The State of the Union: