Sara Nocentini

Sara Nocentini: Quando manca la politica si chiudono i porti

Quando manca la politica, vige la legge della giungla, il primato del più forte, della prepotenza, della prevaricazione, diventiamo tutti uomini e donne peggiori, in lotta per l’affermazione contro l’altro, fino a negare la sua umanità e, dunque, la nostra. E’ nelle pieghe di questo dramma quotidiano, che ci coinvolge tutti, che si alimentano paure, odio e violenza, ma anche frustrazione ed impotenza che fanno balzare la banalità del male dal campo della storia a quello dell’attualità.

Quando le istituzioni, anziché fare i conti con i limiti propri e del modello economico e sociale che stanno pervicacemente promuovendo come il migliore, nonostante tutti i suoi pesanti fallimenti, cavalcano l’odio e la paura con l’intento di guadagnare consenso, compiono un atto grave e irresponsabile che mina la possibilità di una soluzione inclusiva e democratica.

La proposta di chiudere i porti italiani contro l’ottusità e l’egoismo dell’Unione Europea non può essere la soluzione perché ci mette nella posizione di contrastare un’ingiustizia commettendone noi per primi una più grave. Questa è la legge della giungla: l’affermazione del diritto di esistere a spese di qualcun altro, che viene per questo sacrificato.

Questa è l’inversione di rotta di cui abbiamo bisogno al di là delle sigle, dei singoli appuntamenti o dei presunti leader. Abbiamo bisogno di trovare le forme per una nuova battaglia di civiltà che parta dal riconoscimento del diritto ad un’esistenza dignitosa prima di tutto per gli esclusi dal banchetto della spartizione delle risorse del pianeta. Che siano reddito, risorse naturali, pace o sicurezza sociale, noi dobbiamo dire con chiarezza da che parte stiamo.

Il governo italiano ha giustamente fatto presente all’Europa che manca ad oggi un’assunzione di responsabilità comune sulle politiche di immigrazione, capace di non scaricare su un paese solo, il nostro, il salvataggio e la prima accoglienza di chi scappa da guerra e povertà. La risposta dell’Europa è gravemente insufficiente perché incapace di affrontare il fenomeno (ormai strutturale) delle migrazioni per quello che è: uno degli effetti più visibili della divaricazione della forbice sociale tra i paesi del mondo e all’interno dei singoli paesi.

Nella foto: Sbarco di immigrati a Taranto da una nave francesce (ANSA/AP Photo/Gaetano Lo Porto)

Davanti a questa chiusura è necessario ribadire alcuni punti saldi.
Il primo è che non si governa con serietà (come invoca il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) il fenomeno delle migrazioni senza affrontare il tema del lavoro, della distribuzione del reddito e dell’accesso alle risorse del pianeta.
Il secondo è che davanti a fenomeni strutturali di grande impatto servono politiche complesse e capaci di agire su più fronti. Il fondo di 3,3 miliardi che l’Unione Europea potrebbe stanziare per investimenti nel paese di origine è un provvedimento parziale. L’Europa deve elaborare un piano strategico sull’immigrazione che organizzi in modo trasparente i servizi essenziali ad essa connessi: dai corridoi istituzionali per l’immigrazione regolare, alle procedure semplificate (senza ledere però diritti fondamentali degli aventi diritto, come nel caso dell’abolizione dell’appello per i rifugiati) per la regolarizzazione dei migranti presenti nel nostro paese; dalla mediazione culturale, all’inserimento scolastico e lavorativo; dagli investimenti nei paesi di origine, alla costruzione di relazioni diplomatiche e commerciali stabili che possano dare continuità ad interventi che, qualora estemporanei, finirebbero solo per avvantaggiare gruppi di potere locali senza gettare solide basi per uno sviluppo diffuso; fino all’investimento su figure professionali adeguate a trattare in tutti i luoghi del vivere comune temi complessi di integrazione.
Il terzo è che l’Europa si faccia promotrice di un allargamento delle riflessioni su questi temi in ambito internazionale anche oltre se stessa.
Il programma è ambizioso, ma solo se alziamo lo sguardo dalle miserie della crisi economica e culturale che stiamo vivendo possiamo immaginare e costruire un’alternativa.
Invece di chiudere i porti ai migranti dovremmo camminare verso l’Europa insieme a loro e pretendere pace, lavoro e solidarietà per tutte e tutti.

Nella foto di copertina: Sara Nocentini

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