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Una Sinistra afona nell’era 4.0

Se col termine Sinistra continuiamo a pensare che ci si possa riferire a quel sentimento complessivo di idee che hanno a cuore il progresso economico, civile e sociale dell’uomo, possiamo senza dubbio affermare che da tempo, in Italia e non solo, ci troviamo di fronte all’assenza assordante di voci e visioni progressiste globali.

E’ una Sinistra afona, quella italiana ed occidentale, che non si è presentata all’appuntamento con la storia della quarta rivoluzione industriale, che sta cambiando e cambierà le nostre vite, i nostri lavori, il nostro concetto di tempo libero. Da ora a qualche decennio, in una trentina d’anni, la rivoluzione tecnologica dell’Internet of Thing (IoT) modificherà il nostro approccio complessivo col mondo con una velocità mai sperimentata prima nella storia dell’umanità.

La necessità della formazione continua dei lavoratori, in una prima fase, per riconvertirli all’utilizzo di macchine intelligenti che possano sostituire e migliorare il lavoro umano, lascerà man mano il passo all’esigenza di nuove figure professionali, che dovranno progettare algoritmi ed installare robot che stravolgeranno il volto delle nostre città, delle nostre autostrade, delle nostre campagne, dei nostri treni, ecc… E alla fine di quest’altra fase, in cui un’occupazione di massa risulterà ancora necessaria, sebbene molto diversa rispetto al passato, la trasformazione tecnologica ci condurrà verso una società in cui il lavoro come lo conosciamo oggi non servirà più.

Secondo Jeremy Rafkin, l’economista e sociologo americano teorico del post-lavoro, al termine di questa rivoluzione industriale l’occupazione potrebbe migrare verso l’economia sociale e della condivisione, e verso il settore “No-profit”, che già oggi assorbe circa il 10% del lavoro retribuito in paesi come l’Olanda, il Belgio, il Regno Unito.

Ecco, qual è la posizione della Sinistra in questo mondo in rapidissima trasformazione? Quando si parla di perdita di una visione globale del mondo, personalmente intendo questo. Come si pone la Sinistra italiana ed occidentale verso queste enormi rivoluzioni che interessano il lavoro, le città, il clima, il nostro tempo? Mancano i luoghi della creazione del pensiero, o quantomeno sono ben nascosti, sono riservati alle élite. Manca quell’Intellettuale Collettivo che era il Partito, quel luogo di discussione e formazione delle classi dirigenti, quel luogo di raccordo con la società, con gli impulsi della società, con quella parte di società – i lavoratori – che si dovrebbero voler difendere e far progredire.

Ad esempio, mi spiego con casi concreti: in un Partito di sinistra si è mai parlato di riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio, se la produzione è garantita dalle nuove tecnologie? C’è un’idea di mondo in cui il lavoratore possa avere a disposizione tempo da dedicare alla società, agli altri, ora che la tecnologia gli può venire in soccorso? Si può pensare, in un grande partito di Sinistra, che l’immigrazione può essere un fattore determinante per un Paese come il nostro sempre più vecchio? La tecnologia e le sue rapide trasformazioni hanno bisogno di menti giovani: accogliere i migranti, far studiare i loro figli, integrarli e farli diventare gli ingegneri italiani del futuro, è o non è una questione che deve porsi la Sinistra? E’ questo un pensiero forte e non subalterno alla cultura di destra e della paura dell’altro?

Ancora, e parlo più per esperienza diretta: si pensa, da Sinistra, ad un Sud che recuperi parte del proprio gap economico puntando forte sulle nuove tecnologie, sull’integrazione tra esse e l’antica identità culturale?

Faccio un ulteriore esempio, a me caro. Io vivo in provincia di Caserta, in quella Terra un tempo chiamata Felix, cioè terra fertile, un territorio in cui si coltivava canapa, produzione poi quasi estinta quando il tessuto fu sostituito dalla plastica. Oggi, grazie anche alle nuove tecnologie, la canapa sta ritrovando nuova fortuna perché può essere utilizzata nei contesti più disparati (dall’alimentare all’edilizia alla cura dei terreni inquinati). Tutto questo, qualora vi fosse visione politica, potrebbe portare alla riconversione ecologica di un territorio devastato da anni di sfregio ambientale, potrebbe consentire l’interazione tra le varie istituzioni pubbliche (le Università, ad esempio) e aziende private per creare distretti ad alto contenuto tecnologico per lo sviluppo di materiali di bioedilizia, potrebbe portare alla creazione di nuove figure professionali ed invertire la rotta dell’emigrazione intellettuale, che impoverisce il meridione d’Italia in maniera impressionante. Ci vorrebbe appunto visione politica, di Sinistra, per consentire ad un territorio di guardare con fiducia verso un futuro di sostanziale progresso complessivo, in cui la tecnologia fosse al servizio dell’ambiente, del lavoratore, dell’Uomo.

Credo che il mio, come quello di tanti altri, sia il semplice sfogo di una persona di Sinistra che vorrebbe avere voce. Oggi, purtroppo, non ne abbiamo abbastanza. Anzi non ne abbiamo proprio. Ricominciamo a parlare di questi temi, ricostruiamo qualcosa dalle macerie intellettuali, culturali e politiche in cui è ridotta la Sinistra. Altrimenti di queste cose comunque si occuperà qualcuno: la destra, magari imponendo la sua visione di uno sviluppo a vantaggio dei pochi, dell’esclusione dei più poveri, oppure semplicemente se ne occuperanno soltanto le aziende, che vedranno nelle nuove tecnologie unicamente fonte di reddito, senza necessariamente pensare al benessere dei lavoratori.

Di più Sinistra, rendiamocene conto, necessitiamo tutti.

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